Tetto agli stranieri nelle classi: "È irrealizzabile, bisogna investire"

Il leader dei presidi: "Non parliamo di etnie, bisogna distinguere in base al grado di conoscenza della lingua"

Tetto agli stranieri nelle classi: "È irrealizzabile, bisogna investire"

Tetto agli stranieri nelle classi: "È irrealizzabile, bisogna investire"

"Di fronte alla norma costituzionale in cui si chiarisce che la scuola deve essere aperta a tutti, non credo che ci siano leggi che tengono. Diversamente credo che servano investimenti per permettere alla scuola di essere un’eccellenza". Mario Battiato, dirigente del comprensivo Gandhi e presidente di Rispo, la rete delle scuole pratesi interviene a seguito del post su X in cui il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, afferma che "nelle classi la maggioranza degli alunni deve essere italiana".

Dirigente Battiato, come interpreta le parole di ministro sul tetto agli stranieri nelle scuole?

"Sono perplesso perché esiste già un tetto fissato al 30% nel 2010 dal ministro Gelmini, ma ci sono realtà come Prato che possono andare in deroga. Anche perché le iscrizioni avvengono per stradario, e quindi se dei bambini stranieri chiedono di essere iscritti a determinate scuole che possiamo fare? Non certo mandarli via, la nostra Costituzione garantisce il dritto allo studio".

Prato ha la deroga al tetto imposta dal governo.

"La nostra provincia ha in media il 35% di stranieri iscritti, ci sono scuole come l’istituto Mascagni e il Marco Polo in cui addirittura la percentuale supera il 70% con punte anche più alte".

Un melting pot in classe?

"Non è corretto parlare di stranieri, è giusto differenziare tra alunni italofoni e non, se un ragazzo parla perfettamente l’italiano, ma ha la carta di identità di un altro Paese a livello didattico non comporta niente, per questo parlare di stranieri è sbagliato".

Come si gestiscono gli studenti non italofoni?

"Servono insegnanti e risorse, l’unico modo è questo. Non ha senso parlare di numeri e percentuali, anche perché ripeto, se viene a scuola un ragazzino appena arrivato dall’estero non possiamo certo mandarlo via".

La sua esperienza?

"Ho classi dove mediamente il 25% di alunni non è italiano, bisogna fare una distinzione in base al grado di apprendimento della lingua e adeguarsi di conseguenza. Questa varietà di etnie rappresenta una risorsa perché dà modo di fare esperienza e di conoscere culture diverse".

Cosa è necessario fare?

"È necessario, in base al grado di apprendimento dell’italiano, differenziare le metodologie di insegnamento".

Non c’è il rischio che con troppi compagni che non conoscono la lingua italiana, la classe resti indietro sul programma?

"No assolutamente. Ad esempio in molte scuole di Prato viene applicata la stratificazione, ossia lo stesso argomento viene affrontato a tre livelli di difficoltà differenti per dare la possibilità a tutti di apprendere. Ci sono docenti laureati nella classe di concorso che li specializza nell’insegnamento della lingua italiana, sono figure determinanti in una scuola fatta da tante etnie".

Ci sarà pur qualche problema?

"Il vero problema senza risorse e senza insegnanti è gestire un bambino che arriva magari dalla Cina, ma anche da qualsiasi altro Paese a metà anno scolastico. Per forza è necessario inserire questi alunni in percorsi di apprendimento della lingua che prevedono corsi extra".

In classe quindi possono convivere davvero etnie diverse?

"Ovviamente, altrettanto ovvio è essere consapevoli che è necessario applicare metodologie di insegnamento adeguate alla realtà e Prato in questo senso, con la sua lunga esperienza, può fare davvero scuola".

Silvia Bini