
La messa di Santo Stefano a Prato (foto Gianni Attalmi)
Prato, 26 dicembre 2019 - Il vescovo Giovanni Nerbini al suo primo pontificale di Santo Stefano, patrono di Prato, ha annunciato I vincitori dello Stefanino d'oro giunto alla decima edizione con il quale vengono premiate le aziende meritevoli del distretto per etica del lavoro.
Saranno premiate con una cerimonia fissata per il primo febbraio 2020 Lanificio Mario Bellucci, filatura Filpucci e filatura Biagioli Modesto (ha azienda a Montale ma distretto pratese). Una menzione speciale è stata inoltre riservata all’azienda oleo vinicola Marchesi Pancrazi. Il Premio Santo Stefano è promosso congiuntamente da Diocesi, Comune, Provincia, Camera di Commercio e Fondazione Cassa di Risparmio di Prato.
Il riconoscimento viene consegnato a quelle aziende, non solo del comparto tessile, che si sono contraddistinte per «la cultura e l’operosità, capaci di fare impresa in modo etico e rispettoso dei valori del lavoro e della concorrenza», come si legge nello statuto del premio.
IL VESCOVO - "Oggi è diffusa l’abitudine a considerare virtù il pensare “agli affari propri”, ma in realtà questo detto nasconde forme di egoismo mascherato di perbenismo". Lo ha detto il vescovo Giovanni Nerbini nell’omelia del solenne pontificale di Santo Stefano.
Secondo il Vescovo occorre invece "mettere tra le priorità nella vita sociale della nostra città la ricerca del bene comune". Per farlo serve "un grande e rinnovato sforzo educativo teso a coinvolgere tutti in questa responsabilità", che appartiene non solo "ai poteri costituiti civili e religiosi, ma a ogni cittadino, a cominciare dall’età scolare".
Monsignor Nerbini ha parlato di "società frantumata, di mancanza di relazioni stabili, significative e pervasive". Situazioni create proprio dal fatto che "ciascuno pensa agli affari propri". E allora "la realtà ci fa prendere atto ogni giorno che da una parte un numero di persone crescente si allontana da una condizione economica agiata (famiglie a rischio povertà in aumento), dall’altra che questa agiatezza da sola non produce effetti soddisfacenti e diffusi", ha affermato il Vescovo. Come sua abitudine monsignor Nerbini ha raccontato un episodio legato alla sua vita di parroco: "Ricordo un vecchio parrocchiano che mi raccontava di veder passare sotto casa l’unico nipote nei suoi spostamenti, “ma solo raramente si ferma” il suo amaro sfogo. In questo contesto il rivolgersi solo e sempre ai pubblici servizi è una vera e propria fuga inconcludente. Il “beneavere” non è sufficiente per generare “benessere”».
In duomo erano presenti moltissimi fedeli. In prima fila c’erano le autorità cittadine con il sindaco Matteo Biffoni, il presidente della Provincia Fancesco Puggelli e i rappresentanti dei Comuni pratesi facenti parte del territorio diocesano: Vaiano, Vernio e Cantagallo. La messa è stata concelebrata da sessanta sacerdoti diocesani, che in processione hanno portato all’altare maggiore il «sasso», uno di quelli che secondo la tradizione sono stati usati per lapidare Santo Stefano, il primo martire cristiano. Tornando all’omelia, il Vescovo ha poi invitato la società pratese intera a non pensare solamente «a creare ricchezza», ma a «non escludere nessuno». Citando Paolo VI nella enciclica Populorum progressio, monsignor Nerbini ha ricordato l’importanza della «promozione di tutto l’uomo», attraverso «processi di inclusione e condivisione», che ci sono, «e sono buona cosa», ha aggiunto, «anche se vanno costantemente monitorati». A questo proposito, prendendo a esempio «la scelta di campo» di Santo Stefano, che lo ha portato «a divenire seguace di Gesù», Nerbini ha lodato il «servizio straordinario di incalcolabile portata» compiuto dalle tante associazioni di volontariato presenti a Prato, dove «il verbo fare appartiene al dna collettivo». Allo stesso tempo oggi però, osserva ancora il Vescovo, viene chiesto «un supplemento di impegno», c’è bisogno di «progettare meglio tutti insieme, senza distinzioni e divisioni, senza inutili polemiche». Per farlo, secondo il Vescovo, si deve mettere al centro «tutto l’uomo», solo così potremo recuperare «dimensioni trascurate che causano tanta solitudine, sofferenza, malattie e quindi nuove povertà».
E poi: «ben vengano le occasioni nelle quali anche le comunità straniere che ormai sono parte integrante di Prato possano dialogare tra di loro, offrire il loro contributo di impegno, mettere in gioco le loro ricchezze umane e culturali». Infine monsignor Nerbini ha voluto sottolineare l’importanza del rispetto verso «la casa comune che abitiamo». Per il Presule «siamo invitati, sarebbe meglio dire costretti, a rimettere la questione ambientale-ecologica al centro della nostra attenzione. La custodia e salvaguardia del creato ci competono senza distinzioni, senza sconti. È illusorio e puerile, rimettere a posto la propria cameretta mentre la casa intera rischia di essere spazzata via dall’alluvione E non siamo lontani da questa infausta possibilità conseguenza delle nostre leggerezze. Nelle criticità che il mondo ci presenta tutti, anche i sacerdoti, si devono occupare non solo del gregge ma dell’intero ovile».