REDAZIONE PRATO

Rissa e tentato suicidio: "Dogaia come un inferno"

Pomeriggio convulso all’interno del carcere: aggrediti gli agenti della polizia penitenziaria. L’allarme del Sinappe: "Operatori lasciati soli, siamo allo stremo".

L’ingresso della Dogaia

L’ingresso della Dogaia

Una nuova giornata di caos all’interno del carcere della Dogaia con una rissa fra detenuti albanesi, un magrebino che ha minacciato il suicidio e l’aggressione a un agente della penitenziaria. E’ quanto accaduto martedì: un pomeriggio convulso che ha costretto gli operatori della polizia penitenziaria a intervenire più volte per riportare la situazione alla calma.

"Un detenuto di origine magrebina, in segno di protesta contro l’area sanitaria, è salito sul recinto del campo da calcio minacciando di gettarsi nel vuoto. Solo grazie al tempestivo intervento del comandante del Nucleo – che ricopriva anche le funzioni di comandante del Reparto interno – e al supporto del personale, si è evitata la tragedia", hanno spiegato dal sindacato Sinappe. "E non è finita. Poco dopo, durante le operazioni di chiusura prima del cambio turno, è scoppiata una violenta rissa nella quale alcuni detenuti albanesi hanno brutalmente aggredito un magrebino. Ne è seguito un tentativo di ritorsione contro il personale di polizia penitenziaria. Un detenuto ha divelto un neon per scagliarlo contro un agente, mentre un altro ha colpito con uno schiaffo un collega nell’atrio". Anche in questo caso solo "l’ennesimo intervento del comandante del Nucleo, coadiuvato da un numero ridotto ma coraggioso di agenti del Nucleo traduzioni, chiamati in causa proprio per sopperire alle gravissime carenze d’organico, hanno evitato conseguenze peggiori", hanno aggiunto dal Sinappe. Tre episodi intollerabili che dimostrano come la Dogaia sia diventata "un inferno lavorativo che peggiora di giorno in giorno, lasciando gli operatori esposti, soli e stremati".

"Il reparto interno è allo stremo, le condizioni operative sono drammaticamente deteriorate, la tensione è costante, la sicurezza è appesa a un filo – spiegano dal sindacato –. La presenza di un nuovo dirigente della Polizia penitenziaria, assegnato a Prato dal 5 aprile per assicurare le funzioni di comando, e l’annunciato arrivo il 12 maggio di una direttrice con una comprovata esperienza nella gestione di istituti complessi, rappresentano segnali positivi. Ma non bastano. Il carcere di Prato è diventato un inferno per chi ci lavora, aggravato dal recente smantellamento e relativa chiusura di un ulteriore settore della Casa circondariale di Livorno per problemi strutturali, che ha riversato pressione sul già collassato sistema regionale. E mentre si attende ancora l’apertura, inspiegabilmente ritardata, di almeno uno dei due nuovi padiglioni, potenzialmente decisivi per deflazionare il sovraffollamento, resta forte l’interrogativo su quali siano le reali criticità che stanno ostacolando questa fondamentale svolta. In tutto questo caos, resta una sola certezza, le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria in servizio a Prato sono dei veri eroi", conclude il Sinappe.

L.N.