
Lorenzo Petracchi spera che quando la Visitazione tornerà, un giorno, nella chiesa restaurata a Carmignano, possano tornare anche gli affreschi dell’ex chiesa di Santo Stefano alle Busche, magari collocati nella chiesa di Comeana
Quando la Visitazione tornerà, un giorno, nella chiesa restaurata a Carmignano, sarebbe bello potessero tornare anche gli affreschi dell’ex chiesa di Santo Stefano alle Busche, magari collocati nella chiesa di Comeana, la più vicina, con il parroco che è anche responsabile di Santo Stefano a Poggio alla Malva dove si trovano gli altri affreschi del ciclo pittorico. Lorenzo Petracchi, nonostante i suoi 90 anni, ci spera ancora. "La vicenda degli affreschi delle Busche turbò mio zio, monsignor Benvenuto Matteucci e non ne parlava volentieri. Nel suo archivio, donato all’Arcidiocesi di Pisa, non è mai stato trovato alcun documento che attestasse la vendita di tali affreschi": così Petracchi torna a parlare dello zio, don Matteucci, parroco di Poggio alla Malva durante la seconda guerra mondiale e amico di Piero Bargellini che nel 1952 fece staccare i 10 affreschi della chiesa di Santo Stefano, lì porto a Firenze per farli restaurare e sette lì collocò nel suo studio di via delle Pinzochere, oggi "Casa della Memoria".
La diatriba sugli affreschi è nota da diversi anni, ne abbiamo parlato nei mesi scorsi su La Nazione, con l’intervento anche di Gregorio Nardi, nipote di Bargellini. "Sin da giovane – prosegue Petracchi – mio zio è stato uno studente brillante, laureato a Roma e portatore di tante novità. Negli anni ha frequentato gli ambienti fiorentini e in uno di questi nacque l’amicizia con Bargellini e la sua famiglia, tanto da ospitarli quando erano sfollati in tempo di guerra e poi andò a trovarli anche al mare. Gli affreschi delle Busche furono scoperti dal pittore Enzo Faraoni nel periodo 1934/1935 che li notificò alle Belle Arti di Firenze. Quando furono staccati dalla ditta Benini di Firenze che non risulta più attiva, non erano presenti né Bargellini né mio zio ma c’era solo un contadino del podere, un ragazzo giovane che aprì la chiesa. Chi asportò gli affreschi non pensò di fotografare o documentare l’insieme. Si è dispersa così un’opera, attribuita alla scuola dell’Orcagna, che rappresenta in quadri successivi la vita di Gesù".
Petracchi ha cercato ovunque la documentazione di questo intervento, rivolgendosi anche all’allora segretario di monsignor Matteucci a Pisa, Giovanni Paolo Benotto, divenuto poi vescovo di Tivoli: "Monsignor Matteucci – scrive Benotto in una lettera del 2006 inviata a Petracchi – mi ha parlato più volte di questa storia che era per lui, una brutta storia, in quanto in essa, in qualche modo si era sentito ’tradito’ dall’amico Piero. Monsignor Matteucci narrava di aver portato Bargellini a vedere questi resti di affreschi nel famoso fienile di proprietà beneficiale per l’amore per le cose belle che lo accomunava a Bargellini, il quale senza nulla dire al priore di Poggio alla Malva, fece staccare gli affreschi che presero la via di Firenze per fermarsi in casa Bargellini. Per le dure e severe rimostranze di Matteucci alcuni di questi affreschi ritornarono a Poggio alla Malva. Non credo però che ci siano stati degli atti che dirimessero la questione tra Bargellini e la parrocchia di Poggio alla Malva; per lo meno io non ne ho mai saputo niente da monsignor Matteucci. Oltre a questo non saprei dare altre notizie". Petracchi confida in un intervento della Soprintendenza.
M. Serena Quercioli