Processo mafia cinese Il capo banda assolto dall’accusa di usura

Zhang Naizong, la presunta mente del sistema criminale, non è stato riconosciuto colpevole dell’unico reato contestato

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Zhang Naizhong, definito a più riprese il "capo dei capi" nell’ordinanza del gip che ne disponeva l’arresto, non è stato riconosciuto colpevole neppure del reato di usura. E con lui molti altri suoi connazionali finiti nella famosa inchiesta "China truck", nella quale veniva contestata la partecipazione a una presunta associazione criminale di stampo mafioso, sono stati assolti durante il processo aperto a Prato nel quale si dovevano giudicare i reati fine, ossia i reati satellite che avrebbero portato poi alla contestazione più grave, quella di 416 bis, per la quale il processo si è aperto sempre a Prato da poco.

Zhang Naizhong, difeso dagli avvocati Melissa Stefanacci e Michele Monaco, è stato assolto per un episodio risalente al 2011: un prestito di denaro a cui poi avrebbe applicato un tasso di interesse del 25%. "Il fatto non sussiste", hanno deciso i giudici pratesi. Insieme a lui sono stati assolti altri cinque imputati che dovevano rispondere di fatti simili: dall’usura, all’estorsione, al traffico di droga, allo sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono stati invece condannati Xue Bin (otto anni e 30.000 euro di multa) per estorsione e spaccio di droga, e Lin Bingzhong (sei anni e 28.000 euro di multa) per spaccio.

Si tratta del processo parallelo a quello ben più complesso che prevede anche la contestazione dell’aggravante del metodo mafioso. Un processo con 55 imputati che si è aperto nel febbraio scorso ma che è stato subito rinviato per una serie infinita di cavilli legali e difetti di notifica. D’altronde si parla di fatti che risalgono a oltre dieci anni fa e su cui già due tribunali (Riesame e Cassazione) si sono già espressi cancellando di fatto la contestazione di mafia. L’inchiesta della squadra mobile era scaturita nei trenta arresti del gennaio 2018. A meno di 20 giorni di distanza, però, il Riesame aveva liberato tutti gli imputati sostenendo che non esistevano i "gravi indizi" di colpevolezza per una contestazione di mafia.

Secondo quanto emergeva dalle carte, Naizhong era a capo di una associazione criminale che con mezzi più o meno leciti (estorsioni, intimidazioni, minacce) cercava di imporsi nel settore del trasporto su gomma che da Prato partiva per tutta Europa e di controllare le pizze dello spaccio e la prostituzione. I giudici non esitarono a definire Naizhon l’uomo nero, il capo dei capi. Per questi reati il processo deve di fatto ancora partire anche se molti episodi contestati risalgono a più di dieci anni fa.