"Quella di Orgoglio Pratese è stata un’iniziativa avveniristica: ci guardavano con ammirazione in tutta Italia. E penso che il Prato non sia mai stato così organizzato, a livello societario, come in quel periodo. Perché finì? Perché nel calcio sono i risultati sportivi a farla da padrone e dopo aver sbagliato le prime cinque partite, prevalsero gli individualismi fra le varie componenti. Ma l’errore più grande fu quello di non salvaguardare un progetto valido, che poteva avere un futuro". Mirko Cecconi, amministratore delegato di Mediatori Group ed allora amministratore di Orgoglio Pratese, è così intervenuto nel dibattito sull’azionariato popolare innescato da Massimo Taiti. E proprio l’associazione di imprenditori e tifosi che nel 2016/17 acquisì il 51% delle quote societarie del sodalizio biancazzurro rappresenta una sorta di precedente. "Replicare il modello spagnolo o tedesco non è facile, anche per un fattore culturale: in Italia il tifo organizzato viene aggregato o sulla base di un progetto o per una contestazione – ha aggiunto Cecconi – quando le cose vanno bene ok, altrimenti si cerca sempre un capro espiatorio. L’azionariato popolare può funzionare per coinvolgere la tifoseria, per la quale ho grande rispetto: far crescere nuove generazioni di appassionati del Prato in questo contesto è complicato. Ma a patto che ci siano imprenditori a "bilanciare". Serve equilibrio, sia decisionale che economico". Un punto, quello sulla forza della spinta proveniente dall’imprenditoria pratese, che rappresenta il vero interrogativo in vista del futuro: lo stesso presidente Stefano Commini, intervenendo durante il podcast "Pancia a Terra", si era detto scettico in merito alla presenza di imprenditori locali pronti a rilevare la società. E Cecconi, che ai tempi di Orgoglio Pratese riuscì comunque a raccogliere oltre mezzo milione di euro per il Prato, ricorda le difficoltà riscontrate nel convincere il tessuto imprenditoriale. "Quando io ed Alessandro Sanesi bussavamo alle porte delle imprese, talvolta sentivamo rispondere: "Ripassate quando il Prato sarà in serie B". Diverse aziende medio-grandi dissero di no allora che eravamo in serie C, figuriamoci adesso – ha commentato – tra l’altro, sotto questo profilo, come Mediatori Group abbiamo nel nostro piccolo dato una mano a Commini nel suo primo anno alla presidenza: fummo fra i primi a dire un piccolissimo "ci siamo". E non mi sembra di ricordare che ci fosse la fila". La stagione di Orgoglio Pratese si concluse con la salvezza in C. "Ma se l’anno successivo, a quella rosa fossero stati aggiunti quattro o cinque innesti di spessore, forse la storia del Prato oggi sarebbe diversa... Tutto questo per dire che, se Commini dovesse lasciare, troveremmo la stessa situazione di quattro, dieci o quindici anni fa. A meno che non arrivi qualcuno con le capacità economiche tali da poter garantire un salto di qualità immediato. Ma si tratta di un "qualcuno" che al momento non vedo".
Giovanni Fiorentino