REDAZIONE PRATO

Niente Madonna di Panni. "Ma il legame resta forte"

Per la prima volta una fine agosto senza "gemellaggio" e processione Parla Nicola Longo, l’eminenza grigia della comunità pugliese a Prato

Per quest’anno la comunità di Panni, di cui l’ex consigliere comunale Nicola Longo è stato fino ad oggi anima e memoria storica, non sarà quella del popolo con due terre, come lui l’appellava in un libro pubblicato tre anni fa e così intitolato. Si rompe per la prima volta il legame atavico pugliese - pratese per la circostanza corona-virus che ha ribaltato le consuetudini sociali come un calzino.

Un’estate tutta diversa.

"Mancherà la processione tradizionale e mancherà la presenza simbolica di noi residenti in Prato ma provenienti da Panni dedicata alla Madonna del Bosco, che quest’anno non si effettuerà. Si celebrava il 26 e il 27 agosto e noi eravamo là, puntualmente ogni anno, per sancire un legame indissolubile con Prato, ribadito dalla venuta dei pannensi a Prato con in testa il sindaco e l’arcivescovo di Panni in una corrispondente festa che si svolge in città".

Quali sono i legami fra Prato e Panni ?

"Anzitutto la comune religiosità e la devozione alla Madonna di cui si celebra la processione annuale a Chiesanuova, su cui crebbe l’associazione Acap ispirata alla Madonna del Bosco in un tutt’uno con Prato, città dai mille tabernacoli alla Vergine e dell’attaccamento alla Sacra Cintola".

Un cammino difficile?

"E’ progredito nel corso degli anni con le braccia prestate alla comune voglia di crescere attraverso un’integrazione sofferta e poi divenuta matura, grazie proprio a questo popolo dagli occhi azzurri, come qualcuno lo appellava".

Prato non è più ahinoi la Manchester della Toscana.

"Vero. Per una rinascita già in corso, bisognerà rifarsi allo spirito di sacrificio caratteristico di Prato, un laboratorio in piena attività con la voglia di resistere anche quando c’è da imbrattarsi come operai notte giorno e domenica; con una vita culturale semplice e variegata; col recupero di un’eccellenza anche nel tessile; con le braccia aperte all’umanità, perché qui non si manda indietro nessuno, senza che i soloni europei nemmeno se ne accorgano".

Cosa si dovrà chiedere alle immigrazioni dei nostri giorni?

"L’esperienza del passato e la storia delle nuove immigrazioni ci dicono che non c’è spazio a Prato per costruire città nella città e che bisognerà rompere il muro della diffidenza delle nuove etnie per un respiro comune, rispettando reciprocamente leggi e cultura, contemperando le ragioni dell’accoglienza con quelle della legalità, in uno scoprirsi vicendevole di storie; armonizzando, come hanno fatto i pannesi a fronte alta, l’identità paesana di una terra nobile e povera con la piena appartenenza pratese".

La Prato futura ?

"Appena arrivato qua imparai il detto “beato chi ha un tetto in Prato”. Ci credo ancora".

Roberto Baldi