REDAZIONE PRATO

Morì mentre giocava a calcetto, "a processo il capitano". L'accusa: omicidio colposo

Prato, tragica partita. Il pm chiede il giudizio anche per l’organizzatore. Lorenzo Betti aveva 42 anni, era residente a Montale (Pistoia) e impiegato in una ditta tessile di Prato

I soccorsi e, nel riquadro, Lorenzo Betti

Prato, 26 ottobre 2018 - Tre richieste di rinvio a giudizio per la morte di Lorenzo Betti, 42 anni di Montale (Pistoia), avvenuta durante un torneo amatoriale di calcetto nel 2016 a Montemurlo. Sono quelle che ha chiesto la procura di Prato – il fascicolo è affidato al pm Lorenzo Gestri – per il capitano (e responsabile) della squadra nella quale giocava Betti, Samuele Risaliti, per il presidente della «Superleague» di Pistoia, promotore del campionato, Leonardo Germinara, e per il gestore dell’impianto dove è avvenuta la tragedia, «Il Carbonizzo» di Montemurlo, Roberto Cipriani. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo.

Dalle indagini, condotte dal Nas di Firenze, è emerso che Betti non aveva presentato il certificato medico sportivo agonistico necessario per l’iscrizione a quel campionato che, nonostante fosse un torneo amatoriale, prevedeva l’obbligo di sottoporsi a un esame cardiaco accurato per parteciparvi. Secondo l’accusa, dunque, chi aveva il compito di vigilare che tutto fosse in regola non lo ha fatto. Durante le indagini, è emerso che quasi nessuno dei partecipanti al campionato aveva presentato il certificato come impone il regolamento.

Ci sono voluti due anni di indagini certosine dei Nas, l’autopsia e una serie di perizie prima di arrivare alla chiusura del fascicolo e alle richieste di rinvio a giudizio. Fondamentale è stato l’esito dell’autopsia. Secondo quanto emerso, la morte di Betti non è stata causata da un malore improvviso e inaspettato. Betti era affetto da una patologia cardiaca pregressa che, secondo i consulenti, sarebbe stata individuata attraverso una visita agonistica con elettrocardiogramma sotto sforzo. Betti si è iscritto al campionato della «Superleague», calcio a 5, senza aver fatto quell’esame e senza certificato. Come ha fatto? E’ questa la domanda che si sono fatti gli investigatori sostenendo che, se la procedura fosse stata rispettata, quella sera maledetta Betti non sarebbe stato in campo al Carbonizzo.

Il malore fatale  fatale è avvenuto la sera del 12 marzo 2016 quando Betti si è accasciato a terra nel campo da calcetto mentre giocava con gli amici. Inutili sono stati i soccorsi, il quarantenne è morto poco dopo lasciando una moglie e una figlia piccola. Betti giocava in una squadra di amici, dal nome ironico «Cs prova», che non aveva uno statuto proprio ma aveva comunque un responsabile, Risaliti, che avrebbe dovuto preoccuparsi di fornire i certificati dei giocatori, come sostiene la procura. Germinara avrebbe dovuto verificare la regolarità di tutte le iscrizioni in qualità di presidente della Superleague e come avrebbe dovuto fare Cipriani, gestore dell’impianto e promotore, insieme a Germinara, del campionato di calcio a 5.

Durante le indagini il pm ha disposto le perquisizioni al Carbonizzo e alla Superleague alla ricerca dei certificati che i carabinieri del Nas non hanno mai trovato. Non solo quello di Betti ma neppure quelli di molti altri iscritti. Le indagini avrebbero fatto emergere una prassi consolidata nell’ambito dei tornei amatoriali, con controlli dalle maglie larghe nei campionati dilettantistici. Motivo per cui, nei mesi scorsi, i Nas hanno effettuato controlli a campione in vari tornei, non solo calcistici. La famiglia di Betti si è costituita parte lesa nel procedimento.

Laura Natoli