Il distretto del cardato è piccolo su scala mondiale, ma il suo peso specifico nel settore della produzione tessile della moda non è per niente trascurabile. Lo dimostra il risultato ottenuto da Confindustria Toscana Nord, dopo l’allarme sull’aggravio di burocrazia, di lacci e lacciuoli per ottenere le certificazioni indispensabili per garantire ai clienti tracciabilità e sostenibilità dei prodotti. Una forte preoccupazione è stata evidenziata per i nuovi requisiti del Content claim standard (Ccs), alla base degli standard della catena di custodia dei prodotti di Textile Exchange, organizzazione globale no-profit, che lavora per guidare il settore tessile verso una moda più sostenibile. Norme che sarebbero dovute entrare in vigore dal primo di ottobre ma che, grazie ad un confronto tra Confindustria Toscana Nord e i vertici di Textile Exchange nel convegno internazionale Natural Fibre Connenct a Prato, saranno sospese. Una decisione che sarebbe scaturita dopo che Ctn ha presentato un dettagliato report sulla realtà del distretto pratese, che conta oltre 600 aziende con la certificazione Grs (il più importante standard internazionale per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili realizzati con materiali da riciclo) e sulle criticità burocratiche che i nuovi requisiti avrebbero comportato. Un affresco del distretto con numeri e specificità grazie al quale "si è cercato di dare un contributo per costruire un sistema di certificazione quanto più possibile rispondente alle esigenze del nostro sistema produttivo", sottolinea Maurizio Sarti, presidente della sezione Sistema moda di Ctn. Un risultato al quale Prato è giunto grazie ad un approfondito lavoro di squadra, dove Roberta Pecci ha svolto un ruolo importante nel gruppo di lavoro Grs di Sistema Moda Italia e Ctn. Le richieste del sistema laniero hanno convinto gli esponenti di Textile Exchange: il distretto pratese vanta un know how consolidato sul fronte dell’uso del riciclato. "I nuovi requisiti per aumentare il livello di sostenibilità e tracciabilità dei prodotti tessili chiedevano passaggi tecnicamente non fattibili – prosegue Sarti – Un esempio su tutti era la richiesta di indicare la lunghezza media della fibra di cardato: un calcolo impossibile da fare, non si ottengono fibre omogenee nelle fase di stracciatura". Prato portavoce e capofila non soltanto delle istanze locali, ma del tessile italiano, che non si può paragonare alle strutture aziendali asiatiche dei grandi volumi. "La sospensione dell’applicazione del Ccs consentirà di approfondire le problematiche italiane e pratesi per rivedere lo standard e migliorarlo". L’istantanea scattata da Ctn parla di una realtà molto avanti nell’ambito delle certificazioni di sostenibilità e tracciabilità. Nel distretto ogni anno sono circa 35.000-40.000 le tonnellate di filati cardati, trasformate in circa 100 milioni di metri di tessuto. "Le certificazioni sono importanti e hanno stimolato le aziende a migliorarsi – prosegue Sarti – Però le definizioni degli standard sono progettate per le grandi aziende non europee, senza tenere conto di un modello organizzativo differente come quello del distretto pratese e di altri distretti italiani che si basano su una rete di aziende specializzate". Dunque la richiesta da Prato è semplice: "Vogliamo le certificazioni, ma metteteci in condizione di poterle fare. L’obiettivo è rendere la certificazione sostenibile per le piccole imprese, riducendo costi, tempi e duplicazione di audit e documentazione da presentare". Un altro nodo da sciogliere riguarda, per esempio, l’uso dei materiali di pre-consumo: al momento lo standard Grs non consente la certificazione di una serie di materiali di recupero di pre-consumo per realizzate filati e tessuti riciclati. "Su questo tema chiediamo di aprire un tavolo – dice Sarti – il mancato inserimento degli stessi nel Grs li destina alla distruzione in discarica o inceneritori. In questo modo il processo circolare è indebolito e mette in pericolo una pratica ritenuta virtuosa".
Sara Bessi