"Massaggio al cuore e respirazione Così ho salvato una bimba di 2 anni"

Parla la trentenne che a maggio ha rianimato la piccola finita in piscina in una villa di Prato durante una festa di nozze. "Ho imparato le manovre di primo soccorso anni fa: dovrebbero insegnarle a scuola"

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"Non chiamatemi ’angelo’: ho solo fatto quello che so e che tutti dovrebbero conoscere. Perché contribuire a salvare una vita umana non ha prezzo". Son passati oltre due mesi da quando una bambina di neanche due anni ha rischiato la vita cadendo nella piscina di una villa di Prato durante un matrimonio.

È bastata una distrazione per cadere nell’acqua. Appena se n’è accorto, il padre si è tuffato e l’ha tirata fuori. Ma è stata una giovane donna che lavorava lì come cameriera a salvarle la vita, intervenendo subito, prima che arrivasse il soccorso medico. Oggi Chiara Oretti, che è nata a Fiesole, ma vive a Monsummano, ha deciso di raccontare quella esperienza, "solo per testimoniare quanto sia importante sapere come intervenire in caso di emergenza".

Trent’anni appena compiuti, Chiara è un’organizzatrice di eventi e artigiana di macramè moderno. Nel tempo libero aiuta gli amici come cameriera, come quel 28 maggio. "Erano circa le 16,30: stavo sparecchiando un tavolo quando ho visto un uomo bagnato correre urlando con in braccio un corpicino penzolante, blu e senza conoscenza". Chiara aveva fatto un corso alla Croce Rossa quando aveva 18 anni "per sapere come intervenire in caso di necessità di qualche mio caro".

Nel vedere quella piccolina, ha capito che doveva intervenire subito. "Sono andata da quell’uomo, che poi ho saputo essere il padre. Gli ho detto: "Io lo so fare". Lui mi ha affidato la figlia". Il cuoricino non batteva: "La gente mi urlava di metterla di fianco, di farla vomitare per buttare fuori l’acqua ingerita – dice Chiara -, cose che avranno visto in qualche film. Ma io sapevo che la priorità era il cuore: andava fatto ripartire per salvare la bimba. Ho urlato: ’State zitti’ e intimato di chiamare i soccorsi e passarmeli al telefono". Per cinque lunghi minuti, Chiara ha praticato il massaggio cardiaco alla piccina e la respirazione bocca a bocca, assistita via telefono da un soccorritore.

Dopo qualche interminabile minuto la piccola ha dato segni di vita. Ha semiaperto gli occhi. "L’ho messa di fianco, tenendole il viso sulla mia mano perché sentisse una carezza morbida. Mi hanno detto il suo nome, ho cominciato a chiamarla, a parlarle, a dirle parole dolci". Appena arrivata l’ambulanza, il medico ha preso in carico la bimba e ha chiesto a Chiara tutte le procedure che aveva messo in campo. "Mi ha fatto i complimenti dicendomi che ero stata brava. Poi sono partiti verso il Meyer. E io sono crollata dalla fatica".

Dopo una settimana i genitori l’hanno ricontattata: la piccola era fuori pericolo, nessun danno cerebrale. "Li ho incontrati, ho abbracciato la bimba, ho conosciuto anche i nonni – dice Chiara –. Siamo rimasti in contatto, diventando un po’ la ’zia’ di questa piccolina che dopo pochi giorni ha compiuto due anni". Una disavventura finita bene, ma che Chiara racconta perché sia un esempio per altri. "Mi hanno riferito che una persona presente al matrimonio e che ha assistito alle mie manovre, qualche giorno dopo ha soccorso una signora che aveva avuto un infarto in un locale. Spero che questo possa essere di esempio per altri: bisogna conoscere le nozioni di primo soccorso, andrebbero insegnate a scuola. Per sapere cosa fare e farlo nel modo corretto in caso di necessità".

Manuela Plastina