REDAZIONE PRATO

Lia Sara, uccisa ad Auschwitz a soli 19 anni Foto e una ciocca di capelli: il dono alla città

Abitava in via Zarini. Un’amica conservava le uniche cose che restavano di lei. Ieri il figlio le ha consegnate al Museo della deportazione

Una didascalia sbiadita, un paio di foto e una ciocca di capelli rossi, sono i pochi elementi che documentano il ricordo di un’esistenza precocemente annientata e di un’ingiustizia senza tempo. Le immagini e i capelli sono quelli di Lia Sara Millul, giovane ebrea di appena diciannove anni che aveva cercato rifugio a Prato, in arrivo da Pisa, e che conobbe invece l’arresto e poi la deportazione per il campo di sterminio di Auschwitz. Un patrimonio di memoria che è tornato in città grazie al dono che Roberto Visconti, attore romano, figlio di dell’amica pratese di Lia Sara, Anna Caterina Dini, ha fatto al Museo della Deportazione. "Mia madre parlava di Lia Sara come di una ragazza colta, sensibile e bellissima - racconta Visconti - I suoi ricordi ancora mi circondano nella casa di Prato, ma volevo che andassero al Museo perché fossero vivi non solo per me, ma per tutti". Fra i doni anche la foto del fidanzato di Anna Dini, Goffredo Paggi, anche lui deportato ad Auschwitz con lo stesso treno, partito da Milano il 30 gennaio 1944, su cui fu fatta salire Liliana Segre. Da oggi la storia di Lia Sara amplia la memoria e il racconto che il Museo promuove fra le nuove generazioni. "Siamo grati per questi oggetti così importanti che arricchiscono il racconto della tragica vicenda di Lia Sara – dice la direttrice del Museo, Camilla Brunelli - Cercheremo di valorizzarli, integrandoli al racconto che sempre facciano ai nostri studenti sui deportati pratesi". Presente alla consegna anche l’assessore alla cultura Simone Mangani che ha aggiunto "Sono cimeli che testimoniano un’attenzione per il valore del Museo della Deportazione che ci fa onore". Roberto Visconti, nato a Prato dove ha compiuto i primi passi da attore nel laboratorio di Luca Ronconi e con il Teatro di piazza e d’occasione, oggi vive a Roma. Ha lavorato molto in teatro, ma anche nel cinema, con Mel Gibson, Zeffirelli e anche Alessandro Benvenuti.

Lia Sara Millul era nata a Pisa nel 1924, la famiglia si era trasferita Prato nel 1941 e abitava in via Zarini, nella casa annessa alla Manifattura del Bisenzio. Una ragazza simpatica, vivace e colta, che aveva dovuto interrompere gli studi magistrali per le leggi razziali, così la ricordava l’amica Anna. Alla fine del 1943, con la minaccia di arresti sempre più concreta, Lia Sara si nasconde a Firenze nel convento delle suore in piazza del Carmine a Firenze; prende contatti anche con Giorgio Nissim, ebreo pisano il cui impegno e coraggio hanno contribuito a salvare molte vite, per affiancarlo nella sua attività. Ma non succederà. La notte del 26 novembre ’’43 nel convento fece irruzione la famigerata banda Carità, dopo 4 giorni di violenza e angherie, il 30 novembre un carico di disperati partì per Verona. Fra questi Lia Sara che il 6 dicembre, insieme alle altre, fu messa su un treno per Auschwitz. Nessuno si salverà.

La storia di Lia Sara chiude, lunedì 1° febbraio alle 18 sui canali YouTube e Facebook del Museo della Deportazione, gli appuntamenti per il Giorno della Memoria. "Lia Sara Millul - il destino di una fuga. Pisa, Prato, Firenze, Auschwitz" è l’incontro in streaming in cui le vicende di Lia Sara vengono ripercorse, all’interno di un quadro più ampio sulla deportazione degli ebrei, dalla storica Marta Baiardi che ha ricostruito le tappe della breve vita della giovane anche grazie al lavoro di Michele Di Sabato. Lo storico pratese infatti rintracciò la famiglia Millul negli elenchi inviati dall’amministrazione comunale di Prato alla prefettura di Firenze e trovò anche la sua cara amica, Anna Caterina Dini, che ha teneramente conservato gli oggetti da oggi patrimonio del Museo della Deportazione.

Francesca Tassi