L’antico sistema violentato: "Su gore e corsi d’acqua pesano incuria e cemento"

Il monito di Centauro: "Riflettere sulle scelte urbanistiche fatte e cambiare rotta. C’è un reticolo idrografico da ricostruire, altrimenti si rischia il collasso". .

L’antico sistema violentato: "Su gore e corsi d’acqua pesano incuria e cemento"
L’antico sistema violentato: "Su gore e corsi d’acqua pesano incuria e cemento"

Le devastazioni alluvionali del 2 e 3 novembre hanno messo drammaticamente in evidenza la fragilità di territori che fino ad ieri si riteneva immuni dagli effetti più nefasti dei cambiamenti climatici. Del resto la lunga tradizione di Prato nella gestione delle acque che viene “da lontano” con il sistema gorile medievale e ancor prima con le antiche regimazioni etrusco romane parevano una garanzia, una sorta di baluardo costruito nel tempo dai suoi abitanti. Poi, nel giro di poche ore, tutto è stato rovesciato, manifestando ben altra realtà: Prato e la sua provincia, da nord a sud, come pure l’intera piana, da est a ovest, hanno subito un durissimo colpo che oggi deve far riflettere sulle scelte urbanistiche operate in passato e sui provvedimenti da adottare che, di certo, obbligheranno la città, già in fase di ricostruzione, a radicali cambiamenti di rotta.

Le politiche di urbanizzazione sostenibile e di innovazione urbana alle quali si dovrà necessariamente attendere con continuità e perseveranza dovranno includere drastiche misure di contenimento degli effetti producibili dal ripetersi sempre più accelerato di dirompenti fenomeni atmosferici. Fattori questi ultimi che stanno mettendo a nudo la precarietà del metro di valutazione fin qui usato nei confronti dello sviluppo dei territori, incrinando le certezze nello sfruttamento dei suoli.

Ormai da alcuni decenni il meccanismo virtuoso della tutela del reticolo idrografico si è inceppato fino a perdere “memoria” delle sue origini. E’ prevalso il disordine, guidato da ingannevoli opportunità di scelte avulse dal contesto e dalla storia stessa dei territori. Questi fattori hanno prodotto un’incontrastata, quanto incongrua, congestione delle aree con conseguente perdita dei modelli ecocompatibili ereditati dalla secolare tradizione fondata sull’autocoscienza dei territori, come appare palese nell’abbandono precoce dei regimi idraulici e nell’incuria delle campagne, dei terrazzamenti e delle aree boschive caratterizzanti da secoli il paesaggio antropico. Una bellezza arcaica che prima si è affievolita e poi è andata compromettendosi in molte sue parti per l’edificazione caotica e mal progettata sui territori.

La miglior difesa del territorio si ha a cominciare dal riassetto del regime delle acque ottenibile anche attraverso il potenziamento funzionale dei sistema idrografico esistente. Nel recente passato l’incuria nel mantenimento dei fossi, il tombamento sconsiderato dei torrenti, il taglio che fu nefasto del sistema delle gore e la massiccia cementificazione dei suoli sono state le altre concause che hanno amplificato gli effetti del cambiamento climatico e hanno portato il patrimonio edificato esistente al rischio di collasso, con esondazioni a valle, smottamenti e frane di interi versanti collinari e alluvioni nella maggior parte delle aree delle piana ridotte a specchi lacustri. In primis, dunque, si dovrà ripartire dalla ricostituzione di un reticolo idrografico adeguato e pienamente sostenibile, adottando tutte le misure necessarie per aumentare la resilienza idraulica dei territori.

Giuseppe Alberto Centauro

Architetto

Già docente restauro

Università Firenze