L’effetto ’Satura’ di Louis Fratino si è fatto sentire. Nell’ala piccola del Centro Pecci, che ospita la mostra personale del giovane artista statunitense, uno scorcio di giovedì pomeriggio scorre con una decina di visitatori. Un percorso dal quale, chi ha deciso di intraprenderlo soffermandosi su nature morte, nudi maschili, amplessi espliciti di natura omosessuale, paesaggi esterni e scene di interni pieni di oggetti di vita quotidiana e letteratura, esce senza particolare disappunto. Vi si accede dopo aver attraversato Eccentrica, che raccoglie pezzi delle collezioni del Pecci e Colorescenze, esposizione di opere di 12 artiste toscane. C’è chi è venuto da Venezia, dove Fratino ha esposto per la Biennale le sue opere accanto a quelle di Filippo De Pisis, per vedere l’esposizione al Pecci. "Abbiamo approfittato per fermarci al Pecci – dicono Michela e Claudia – E’ stato piacevole fare questa passeggiata nel Museo e tra queste opere di Fratino che hanno trasmesso un senso di amore indagato attraverso la lente dell’erotismo esplicito". Un erotismo che viene sottolineato da Michela e Claudia, attratte dai tagli diversi con i quali l’artista offre scene "che mostrano tenerezza ed intimità". E c’è chi, pratese doc, è venuto subito a vedere la mostra "perché conosco questo artista da tempo, è famoso all’estero e soprattutto nel mio ambiente, quello queer – dice Thomas – . E’ una mostra bellissima e non c’è niente di scandaloso. Si dipinge niente altro che la normalità con un tratto poetico. Sarebbe assurdo che qualcuno si scandalizzasse perché non c’è pornografia. Il Pecci viene sfruttato poco ed è una risorsa che va ulteriormente sviluppata. Finalmente una mostra che lo rilancia". Un incitamento che è stato consegnato nelle mani del direttore del Pecci, Stefano Collicelli Cagol, curatore dell’esposizione, la prima personale internazionale in un ente culturale dell’artista 31enne. Lo stesso direttore che poco prima ha guidato un gruppo di americani provenienti da Firenze lungo le sessanta opere di uno degli artisti outsider ritenuto tra i più promettenti al mondo. All’ingresso dell’esposizione si legge un’avvertenza: ’mostra con contenuti espliciti’. Un’avvertenza dovuta, ma bypassata dai primi visitatori che escono ’saturi’ di colori, vita, materia e poesia. C’è chi, infine, avvicina questo evento a quello che nel 1993 fece approdare al Pecci l’opera fotografica di Robert Mapplethorpe, mentre prende le distanze da quello di Wim Delvoye con la ’Cloaca turbo’ che produceva merda. "Quest’ultimo suscitò curiosità nel grande pubblico, qui si assapora la vita in un tripudio di colori, materia e poesia".
Sara Bessi