La piaga dello sfruttamento : "Ripensare i controlli interforze e verifiche su ogni ditta che apre"

L’ex sindaco di Montemurlo Mauro Lorenzini interviene dopo la relazione del procuratore Tescaroli "Facevamo controlli in tutte le nuove ditte e tante erano fantasma. Qualcosa nel sistema non funziona".

La piaga dello sfruttamento : "Ripensare i controlli interforze e verifiche su ogni ditta che apre"

Un controllo interforze. all’interno di un. capannone a gestione orientale. Negli anni sono stati tantissimi i sequestri Foto Attalmi

"Sono fuori dal giro da cinque anni ma se stiamo ancora a parlare di queste cose vuol dire che c’è qualcosa nel sistema che non funziona, che i controlli non funzionano". Mauro Lorenzini, ex sindaco di Montemurlo, non le manda a dire e interviene sulla questione dello sfruttamento del lavoro nel distretto tessile pratese, sollevato dalla relazione del procuratore Luca Tescaroli. Il procuratore ha tratteggiato il quadro della criminalità nella provincia spiegando che "c’è un elevato allarme criminalità", legato a fenomeni mafiosi in cui si annida lo sfruttamento del lavoro. La relazione è stata inviata al governo dopo l’interrogazione della deputata di Fratelli di Italia, Chiara La Porta, e del collega Francesco Michelotti, sulla necessità di istituire a Prato una sezione distaccata della Dda (direzione distrettuale antimafia).

Lorenzini, quando era sindaco di Montemurlo, ha portato avanti la battaglia per legalità nel distretto usando i mezzi che aveva a disposizione come sindaco. "Il nostro punto di partenza era che non potevano esserci discriminazioni, fra chi lavora seguendo le regole e chi no – interviene Lorenzini –. In dieci anni di mandato abbiamo fatto sequestrare oltre 350 aziende solo su Montemurlo. Ci facevamo inviare dalla Camera di Commercio i dati delle aziende che aprivano sul territorio e le facevamo controllare subito. Tante volte si arrivava all’indirizzo e trovavamo una casa anziché una ditta. La percentuale di aziende inesistenti era molto alta. Prato faceva i controlli a campione, noi si facevano in tutte. Avevamo studiato questo meccanismo per evitare il fenomeno delle ’apri e chiudi’. C’è da dire che il distretto di Montemurlo è diverso dal Macrolotto".

Lorenzini solleva dubbi sulla effettiva incisività dei controlli interforze, "un modello che evidentemente non ha portato i frutti sperati", anche perché manca la cultura della legalità.

"Serve una modifica delle normative – aggiunge l’ex sindaco – Sono farraginose e complicate. A Prato c’è sempre stata la cultura delle legalità, basti pensare che è partita da Prato la raccolta firme per lo statuto dei lavoratori, però bisogna stare attenti a difendere il distretto a tutti i costi. Accanto a tanti imprenditori onesti, come dice Marini, c’è stato anche chi ci ha guadagnato affittando a nero o con canoni molto alti. Si deve evitare un’economia drogata che rischia di danneggiare tutti".

Il modello lanciato a suo tempo da Lorenzini per il controllo delle aziende si basava su tre punti fondamentali: l’invio delle nuove aperture dalla Camera di Commercio, il controllo ’azionamento macchinari’ e la presentazione del piano industriale per chi voleva costruire nel distretto di Montemurlo.

"Insieme all’ex comandante Biagioni si organizzavano i controlli – spiega ancora Lorenzini – Avevamo un bel gruppo preparato, anche se poi ci sono state situazioni al limite scoperte nel tempo". "Chi veniva a Montemurlo doveva presentare un piano industriale, c’erano dei protocolli ben precisi per chi doveva costruire, come ha fatto a suo tempo Marini – prosegue Lorenzini –. C’è bisogno di un controllo da parte dello Stato più stretto, per far rispettare le regole. Uno dei punti focali è la partenza delle imprese: evidentemente è un meccanismo troppo facile, altrimenti queste ditte ’apri e chiudi’ non sarebbero prolificate nel tempo, aiutate da commercialisti e professionisti compiacenti. Mi chiedo: ma come fanno aziende che non esistono a lavorare per aziende che esistono senza che nessuno se ne accorga? Come Comune avevamo provato a far pagare la Tari ai proprietari dei capannoni nel caso in cui l’affittuario fosse sparito nei due anni. Ma il giudice ci dette torno. Ai Comuni andrebbe data più possibilità di azione per i controlli, non sempre ci sono gli ispettori o i vigili del fuoco disponibili".

Laura Natoli