La fiera come una grande sagra popolare E in piazza l’anima di Prato, senza retorica

Tinte vivaci, giochi di richiamo, lotterie, luminarie, vendite di animali. Dal 1938 fino a oggi. Con il cordone ombelicale rimasto in Mercatale

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Penultima puntata del nostro appuntamento con il ’Come eravamo’ sulla fiera di Prato, una delle più importanti della Toscana, con il ricordo particolare di piazza Mercatale e le foto di Ranfagni. Le puntate precedenti: Edoardo Nesi, il Lungobisenzio, Filettole, la goliardia, le botteghe del centro, il ristorante Baghino, Silvio Pugi, Roberto Giovannini,

la redazione pratese

de La Nazione, Pietro Fiordelli,

il tessile, Giorgio Vestri,

il teatro Metastasio, Lohengrin Landini, il Politeama,

il campanilismo Prato Firenze Pistoia, il Misoduli, Rodolfo

e Roberta Betti, il trio

degli avvocati penalisti Cappelli-Guarducci-Mati,

il corteggio storico, Giuliano Gori, Arnolfo Biagioli

e Antonio Lucchesi.

di Roberto Baldi

"E non si fece mai fiera a Prato ch’io non v’andassi", dice un personaggio della Mandragola di Machiavelli. A Prato dove? Che diamine: in piazza Mercatale, perché era lì che nell’occasione del ritrovo annuale prendeva vita la voglia di ritrovarsi nel rincorrersi di portici e di mura merlate prospicienti il Bisenzio. E’ lì che nasce la fiera, la più importante di tutta la Toscana, emigrando dopo gli anni ’50 allo stadio di via Firenze e poi per sei anni in piazza dei Macelli; sul finire degli anni ’70 al parco dell’ippodromo e quindi in viale Galilei fino agli anni ’90 per approdare all’attuale grande area di viale Marconi. Ma il cordone ombelicale e il ricordo degli anni verdi è in questa piazza, come rammenta un articolo del nostro giornale uscito il 7 settembre 2014 XVI EF (sedicesimo anno dell’era fascista) che celebra dopo un periodo di sosta il "ritorno" a Prato della "fiera" originata nel 1938. "Non s’era mai detto apertamente - vi si legge - ma oggi che questa grande e bizzarra parola fiera, in virtù di nuove comprensioni ed in vista di maggiori orizzonti, c’è stata resa nella sua più completa e pura integrità, noi pratesi ci risentiamo a tutt’agio di nuovo in casa nostra. Questo ritorno si riallaccia, nei secoli, a tutte le aspirazioni e a tutti i traffici delle genti del Bisenzio; riprende la multiforme attività economica e commerciale di questa grande e celebrata sagra popolare di Toscana. La festa della fiera è una tra le maggiori solennità pubbliche. Si vedono tinte vivaci, corse e giochi di richiamo, lotterie pubbliche e luminarie, vendite di animali e di tutto un po". Era la poesia di quei tempi, che aveva l’epicentro nell’8 settembre, il giorno in cui si celebrava una Madonna tutta pratese detta appunto della fiera, in cui la città si fermava e anche le galline, secondo una pietosa bugia dei nostri contadini, si riposavano e non facevano uova. Erano altri i detti che animavano questa kermesse: chi guadagna non lascia la fiera neanche se piove; presto alla fiera e tardi alla guerra; vendi in casa e compra in fiera. Tutti modi di dire congeniali al pratese, abituato a vendere la lira a un franco e venti e a comprare al ribasso. In piazza Mercatale vi si respira ancora oggi, nonostante l’ingorgo di macchine, un che di smisurato e domestico di una piazza che può raccontare tante storie di sè: i mercati, le processioni, gli ottovolanti, i ramai al lavoro, il gioco della palla grossa, il centro delle conversazioni e dei dibattiti, la fiera in cui Prato si riconosceva regina di un hinterland diventato a fatica provincia. La fiera di Prato attraverso i tempi è una pubblicazione fra le tante di Ruggero Nuti che racconta le vicissitudini di questo spettacolo viaggiante, a cui accorrevano gente del centro e della periferia per le emozioni che si trasferivano nel tempo dalle macchinine a rincozzo, come si chiamavano allora, alle montagne russe dei nostri giorni. Da una plaga sterrata si è passati a lastricare il tutto, alberando il lato occidentale con un tocco anacronistico, di discutibile gusto, ma se appena ti metti a osservare quel plebeo apparente disordine, scopri ancora nella piazza emblematica la caratteristica fondamentale di Prato, una città senza retorica, che nell’armonia dell’arte costruisce il suo quotidiano per un divertimento alla portata di tutti. Le regole dettate dall’urbanesimo hanno introdotto macchine in serie in un salotto fra i più accoglienti della Toscana. La città delle gore e delle fabbriche oggi trasferite ai Macrolotti, una volta utilizzato il parcheggio di viale Galilei e liberato il Mercatale, avrebbe una definitiva consacrazione alla leggiadria di una piazza fra le più estese d’Europa in un incanto bizzarro di case, negozi, bar e pub connessi a edifici ottocenteschi, dove artigiani e ramai avevano le loro botteghe fra i loggiati e i portici, in una bellezza struggente di spazi ampi, larghi e solenni come il cuore di Prato.