
di Laura Natoli
PRATO
La discarica della vergogna si ingrandisce ancora. Un altro terreno è stato sequestrato nella zona di via del Pozzo a Paperino, già tristemente famosa per la maxi discarica di nove ettari che da anni devasta i terreni intorno alla frazione. La polizia municipale ieri mattina ha eseguito un controllo, in un terreno adiacente a quelli che sono già stati sequestrati in passato, risultato dello stesso proprietario, un italiano di 60 anni finito nei guai insieme ad altre 19 persone per vari reati ambientali. Il terreno sottoposto ieri a controllo dopo diverse segnalazioni dei residenti è stato affittato dall’italiano a zio e nipote che lo usavano come deposito di materiali edili. Questo almeno sulla carta. In realtà nel terreno agricolo gli agenti della polizia municipale hanno trovato, oltre agli inerti, rifiuti e spazzatura di ogni genere e perfino scarti di lavorazioni tessili. Le segnalazioni dei residenti alla polizia municipale sono partite in seguito a diversi fuochi accesi di notte nel campo trasformato in discarica. Fuochi – non si sa bene di quali materiali – che spandevano nell’aria cattivi odori e che non sono passati inosservati ai vicini, stanchi dei rifiuti che si accumulano da anni in quei terreni che avrebbero destinazione agricola e che invece vengono usati da sempre per altri scopi. Gli agenti hanno constatato la presenza dei rifiuti illegali e hanno posto sotto sequestro penale l’intero campo. I due affittuari sono stati denunciati per una serie di reati ambientali. Anche il proprietario è stato segnalato all’autorità giudiziaria. La storia di quel campo – ben nove ettari di terreno trasformati nella più grande discarica abusiva di tutta la provincia – sono purtroppo ben noti. Nel settembre scorso la procura ha esercitato l’azione penale rinviando direttamente a giudizio (senza passare per l’udienza preliminare) i tre proprietari italiani dei terreni e altre 17 persone (sinti, marocchini, albanesi e cinesi) considerati gli esecutori materiali dell’abbandono incontrollato di rifiuti nell’area. Le accuse mosse ai 20 imputati sono quelle di discarica abusiva e del nuovo reato di inquinamento ambientale che viene punito fino a sei anni di carcere. l primo blitz dei carabinieri del Nucleo forestale, della polizia municipale e provinciale, e dell’unità specialistica dell’Arpat, era scattato nell’aprile del 2019. Quello che venne scoperto era raccapricciante. Agenti e militari trovarono di tutto: ferri vecchi, elettrodomestici, materassi, scarti di lavorazioni edili e industriali, pneumatici, fusti di liquidi, materiali metallici e perfino una barca diventata il simbolo di quella maxi discarica a cielo aperto.
Un ammasso di rifiuti incontrollato accatastato da almeno dieci anni e mai rimosso. In questi anni Arpat ha eseguito le analisi sui campioni prelevati dal terreno e i risultati per l’ambiente sono stati devastanti: nel campo sono state trovate infiltrazioni di metalli pesanti, pericolosi e altamente inquinanti come idrocarburi e amianto. Nella parte sequestrata un paio di anni fa è cominciata la complicata bonifica che deve essere ancora completata nonostante siano già state portate via 60 tonnellate di rifiuti, compresa una barca che nessuno ha mai chiarito come sia arrivata fino a lì.