La bioplastica? Non si smaltisce

La filiera è impreparata. E le confezioni bio vanno nell’indifferenziato

Plastica da smaltire

Plastica da smaltire

Prato, 29 agosto 2019 - Il paradosso della bioplastica, che a dispetto del nome, al momeno è soprattutto un danno per l’ambiente più che una risorsa. Un problema talmente grande che Alia, la società che si occupa dello smaltimento rifiuti, ha deciso di chiamare in causa la Regione per trovare una soluzione. Che al momento non esiste. Così la bioplastica - ossia gli involucri utilizzati solitamente per confezionare frutta e verdura, comunque cibi - per il momento può finire solo nell’indifferenziato. Poco importa se la composizione della bioplastica sia a base vegetale: ad oggi non ci sono gli impianti adeguati per smaltirla. E quindi allo stato attuale può contaminare il compost prodotto. Il problema è talmente sentito da essere già stato sollecitato un confronto con la grande distribuzione: Alia chiede l’apertura di un tavolo per arrivare nel più breve tempo possibile alla gestione di questo genere di rifiuti.

«Le bioplastiche sono un’innovazione recente, che si è affacciata nel mondo della distribuzione grazie alle produzioni più accorte e sensibili, rappresentando un’indubbia opportunità», spiegano da Alia. «Dal punto di vista del riciclo, occorre ancora lavorare per individuare le soluzioni in grado di assicurare una filiera di recupero e riciclo anche per questi materiali. Data la complessità del problema, ci siamo fatti promotori con la Regione di un tavolo dedicato, al quale saranno presenti anche i produttori di bioplastiche, la Gdo, le aziende di riciclaggio, i gruppi industriali più avanzati del settore e i consorzi nazionali di filiera.

L’obiettivo è sviluppare, insieme a chi quei materiali li produce e commercializza, le modalità e le potenzialità del massimo riciclo, realizzando un progetto pilota nel breve periodo». Nell’attesa di una filiera dedicata, i manufatti in bioplastica rigida devono essere conferiti nel contenitore dell’indifferenziato: non ci sono altre strade. Gli attuali impianti di compostaggio sono infatti nati esclusivamente per i residui organici (scarti alimentari) e gli sfalci di verde provenienti dalla raccolta differenziata. L’unica eccezione è rappresentata dai sacchetti utilizzati nei supermercati per frutta e verdura, gli shopper in ‘mater - bi’ sono le uniche bioplastiche compatibili con i processi attuali di compostaggio, mentre i manufatti in bioplastica rigida si biodegradano a condizioni e tempistiche di processo diverse. Quindi la loro presenza comprometterebbe l’intera produzione di compost. Chi fino ad oggi pensava di fare un favore all’ambiente gettando nel sacchetto del compostaggio anche gli imballaggi biodegradabili dovrà ricredersi e cambiare abitudini: «E’ evidente - concludono da Alia - che quello delle bioplastiche è un tema di grande attualità e rappresenta per tutti i soggetti coinvolti un impegno non più rimandabile». In fatto di ambiente c’è ancora tanta strada da fare visto che le innovazioni viaggiano ad un passo più veloce della realtà dei fatti.