SILVIA BINI
Cronaca

La bestemmia toscana. Arriva l’assoluzione dal team di esperti: "E’ intercalare tipico"

Linguisti, giuristi e antropologi hanno esaminato casi e situazioni. Dal 1880 a Bettarini al "Gf". "Non c’è offesa tanto meno alla religione". Ieri la presentazione del libro al polo universitario di Prato.

La bestemmia toscana. Arriva l’assoluzione  dal team di esperti: "E’ intercalare tipico"

La bestemmia toscana. Arriva l’assoluzione dal team di esperti: "E’ intercalare tipico"

In un documento della Cassazione di Firenze datato 19 giugno 1880 tale Dante Bini venne condannato a 10 giorni di carcere per aver bestemmiato. Una pena lieve per l’epoca perché - scrive la Cassazione - "Bini si trovava in uno stato di tale dolore accecante da non rendersi conto pienamente di quello che stava facendo". A novembre 2020 Stefano Bettarini, ex calciatore ed ex marito di Simone Ventura viene espulso dal grande Fratello vip per aver bestemmiato in diretta. "Ho usato un intercalare toscano, magari sgradevole, ma non una bestemmia…", la sua tesi difensiva. A inizio marzo, invece, dopo quarantasette anni è caduta definitivamente la censura televisiva su quella sequela di improperi che Roberto Benigni spara in "Berlinguer ti voglio bene", il film diretto e sceneggiato da Giuseppe Bertolucci nel 1977, trasmesso integralmente per la prima volta solo quest’anno.

Bestemmie, parolacce, improperi, volgari ma non blasfemi. In Toscana non si fa fatica a sentirne. Sono nell’aria. Del resto una cena tra Pisa, Livorno, Grosseto e Firenze non è un vera cena tra amici senza tali imprecazioni.

Florio Carnesecchi, Pietro Clemente, Paolo De Simonis, Luciano Giannelli, Gianfranco Macciotta e Giovanni Pieri sono un gruppo di antropologi, linguisti e giuristi che hanno dato una lettura dettagliata (e documentata) del rapporto tra bestemmia e religione analizzando sequele di improperi e contestualizzandole alla società. Si definiscono "moribondi digitali", hanno tra 50 e 82 anni e ognuno ha portato il proprio contributo al libro ’Non c’è bestemmia. Scritti sul parlato riprovevole’, presentato ieri al Polo universitario di Prato. Sì perché l’uso di un linguaggio ’colorito’ oggigiorno diviene materia di studio se è vero che ’Berlinguer ti voglio bene’ è rimasto fuori dalle tv e non solo, per lo stigma connesso al turpiloquio.

"Eravamo in pieno Covid e Bettarini fu espulso dal grande Fratello - racconta Giovanni Pieri, organizzatore di eventi, il più giovane degli scrittori nonché ideatore del libro -. E così, quasi per caso, ho iniziato a riflettere sull’uso delle parolacce. Bettarini disse madosca, e madosca non è un riferimento religioso, anzi è proprio un modo per evitare di fare altri nomi...", dice Pieri confidando di aver scritto per l’ex calciatore, di adozione toscana, la memoria difensiva, una excusatio da presentare all’allora presentatore, che lo aveva cacciato dalla trasmissione, Alfonso Signorini.

"Io impreco sempre, ma mica bestemmio, per i toscani è un intercalare che fa parte del vocabolario, quello che con questo libro scritto a più mani da chi si intende di antropologia, di lingua e di legge, vogliamo dire è che non può essere considerata bestemmia ciò che non lo è". Ma gli autori dicono di più, che pure la bestemmia che cita la religione può essere non ritenuta tale se non c’è l’intento di offendere.

"Non è vero che ogni volta che si dicono delle parolacce si vuole offendere qualcuno", aggiunge Paolo De Simonis, antropologo e studioso della lingua e dei comportamenti.

"Ci sono anche altri luoghi d’Italia dove gli improperi sono di uso comune, anche se in Toscana si possono considerare quasi come la ribollita o i cipressi. In generale la bestemmia, con intenzioni effettivamente blasfeme, appare quasi del tutto estinta: ne persiste l’eredità, riconoscibile in abitudini linguistiche, che in passato avevano caratterizzato alcune regioni d’Italia, certo non acattoliche. È per lo più in forma di eufemismo che oggi, di tali abitudini, resta molto più la forza espressiva che non il contenuto antireligioso".

Gli autori, esplorando mondi verbali, emotivi e significativi, vogliono rivendicare maggiore libertà di parola e auspicano "divinità meno permalose che non si offendano per gli sfoghi degli esseri umani".