Prato, esami senza ticket a parenti e amici. Oltre mille analisi finite nell'inchiesta

Nei guai la direttrice del laboratorio. Ecco come veniva eluso il sistema

Le indagini sono della Guardia di Finanza

Le indagini sono della Guardia di Finanza

Prato, 23 novembre 2018 - Le provette del sangue e delle urine arrivavano nel laboratorio di analisi del Santo Stefano prive del codice a barre necessario per eseguire gli esami. Quello che viene emesso al momento del pagamento del ticket. I referti venivano poi stampati con il sistema informatico dell’ospedale a nome del paziente che non risultava né ricoverato né inserito nel sistema del pagamento.

«Una specie di parentopoli o amicopoli», l’ha definita il procuratore Giuseppe Nicolosi. Il sistema sarebbe più esteso di quel che si sospetti. Le analisi «incriminate» sono circa 1100 riferibili diverse centinaia di persone risultate familiari o conoscenti di dipendenti dell’ospedale. Il blitz della guardia di finanza di mercoledì mattina è servito per passare al setaccio computer e documenti, password usate nel laboratorio per redigere i referti.

Contestualmente alla perquisizione sono stati recapitati 43 avvisi di garanzia: tutti diretti a medici e tecnici del Santo Stefano per i quali i reati ipotizzati dai pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli sono truffa allo Stato e peculato. Personaggio chiave dell’inchiesta è la direttrice del laboratorio interno all’ospedale, Patrizia Casprini, 62 anni, finita al centro di un contenzioso con un’altra dottoressa dello stesso laboratorio. Le due donne ebbero un diverbio risalente al 2009 quando la direttrice intimò alla dottoressa di eseguire l’esame su alcune provette prive del bar code.

La dottoressa si ribellò tanto che ne nacque una colluttazione finita di fronte al giudice di pace. Casprini venne condannata per percosse a pagare un’ammenda. Da quell’episodio, qualche anno dopo, partì una segnalazione anonima sul sistema usato in ospedale. Le indagini della Finanza però non trovarono riscontro finché non è uscita sui giornali la notizia della condanna della Casprini che ha riacceso i riflettori sul Santo Stefano, un paio di anni fa. A quel punto è stata informata la direzione dell’Asl che ha collaborato con gli inquirenti, come è stato spiegato.

L’esposto dell’Asl è partito solo successivamente quando cominciavano ad arrivare i primi riscontri dalle indagini. Le 1100 analisi sospette di cui è stata trovata traccia nel computer del laboratorio di analisi risalirebbero già al 2013. In questi anni il sistema sarebbe stato ben consolidato tanto che mercoledì mentre la guardia di finanza era in ospedale a fare perquisizioni, qualcuno si è affacciato nel laboratorio continuando a portare provette prive del codice a barre.

Le provette sono state sequestrate immediatamente. Secondo quanto emerso, non tutti io medici sarebbero stati coinvolti nel «sistema» tanto che qualcuno avrebbe, in questi anni, raccolto e lasciato traccia di elementi e pezze di appoggio di analisi fatte a parenti e amici di medici e tecnici. Un modo, probabilmente, per tutelarsi.

Fatto sta che in tanti anni nessuno ha mai fatto denuncia né portato a conoscenza chi di dovere del metodo usato, a parte la segnalazione anonima. Il solo racconto disponibile al momento è quello della dottoressa che denunciò la Casprini nel 2009. La testimonianza di quel processo è stata acquisita agli atti. E’ l’unica per ora in mano agli investigatori. Si spera che qualcuno fra gli indagati si faccia avanti per chiarire quello che accadeva nel laboratorio di analisi del Santo Stefano a cui i cittadini non possono accedere dall’esterno. Le analisi si fanno solo al Giovannini o in centri distaccati. In realtà, sembra che amici e parenti fossero inviati direttamente in reparto dove si facevano i prelievi del sangue eludendo il pagamento del ticket.