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Il sogno di Barni sbarca al Pecci. E se Myo fosse la prima Stella?

Lo chef: "Non è l’obiettivo, voglio pubblico contento al giusto prezzo"

Angiolo Barni executive chef del ristorante «Myo» al museo Pecci

Prato, 11 ottobre 2016 - Per lo chef Angiolo Barni, 47 anni, grande promessa già dalla cena fiorentina per l’Oscar a «La Vita è Bella» di Benigni nel 1999, potrebbe essere arrivato il momento di spiccare il volo e staccare un stella dall’Olimpo della cucina per cucirsela sul petto. A lui infatti il board della Fondazione Pecci – con una trattativa privata dopo la gara per l’assegnazione andata deserta – ha affidato la gestione sia del ristorante sia del bistrot, interni all’inaugurando museo. Un palcoscenico e un progetto che lo chef ha chiamato «Myo» ispirandosi a un’opera del 1951 dell’artista Cy Twombly. Barni è infatti, appassionato d’arte contemporanea «da quando ero un ragazzo è un mio grande amore come la cucina. Voglio precisare che la stella non è l’obiettivo – chiarisce Barni – Non vivo e non lavoro per quello ma per fare un buon ristorante in uno spazio importantissimo per la città, che ci rende unici in Europa. Questa inaugurazione è fantastica non perché siamo a Prato, lo sarebbe stata anche a Berlino o a Parigi. Bisogna che la gente si renda conto di che museo abbiamo qui...».

Dall'attività di famiglia, il panificio in via Ferrucci poi diventato gastronomia e quindi da lui trasformato nell’enoteca più importante della città, Barni passa ora a guidare due locali, uno dei quali, il bistrot è di servizio al museo e l’altro farà pranzo e cena alla carta con una brigata di quattro persone in cucina e tre in sala. La mia scuola? «E’ stata la cucina di casa. All’inizio aiutavo mia nonna e ho capito che volevo fare questo. La mia famiglia mi ha dato la possibilità di frequentare, l’Ecole des Arts Culinaires vicino a Lione, in cui era docente era Paul Bocuse nel 1994, l’unica scuola universitaria esistente allora, poi di perfezionarmi da George Blanc, sono stato anche in Spagna e in Giappone, finché non ho aperto l’enoteca, era il 16 ottobre del 1995. Una data che adesso ritorna anche al Pecci».

La grand opening è appunto domenica e quel giorno il ristorante farà da servizio per i visitatori del museo dal momento che i lavori di allestimento del bistrot sono indietro: aprirà tra 15-20 giorni, a inizio novembre e cerca personale dal momento che starà aperto dalle 8 alle 22. «Lo faremo volentieri chi visita il Pecci sino dal primo giorno deve poter contare sul bar anche solo per un bicchier d’acqua o un caffè. Ho voluto quello di Gianni Frasi da Verona, di qualità eccelsa» spiega Barni.

«Il menu del ristorante Myo avrà ovviamente legami importanti con quello dell’enoteca, ma cercherò di svilupparlo, pranzo e cena sullo stesso target, con maggiore attenzione e concentrazione. Credo che in cucina sia molto contemporanea ritornare a qualcosa di classico, anche se con le tecniche di oggi. La materia prima sarà straordinaria ma sui prezzi vogliamo essere competitivi. Non sarà un ristorante esoso anche se si trova in un posto così bello. Voglio avere pubblico e vederlo contento, è questa la grande soddisfazione di un ristoratore» aggiunge.

E il Bistrot Myo proporrrà menù tra 10 e 20 euro, la cifra di un pranzo veloce, ma con la «ricetta» di Barni, che oltre a cucinare grandi piatti riesce a far diventare i suoi indirizzi, ritrovi per la Prato e la Toscana che conta. E se allora la stella arrivasse? «Come dire di no».