Giustizia fai-da-te: il fallimento del Cervo bianco

Non è la prima volta che la comunità cinese tenta di farsi valere chiedendo "sicurezza" e "protezione". E non è la prima volta che si parla di "ronde" e "giustizia fai-da-te". La comunità orientale ha dato prova in passato di essere disposta a tutto pur di proteggere i propri connazionali che, senza ombra di dubbio, sono vittime da anni di malviventi e balordi. Nel 2016 alcuni giovani orientali di seconda generazione, tutti nati e cresciuti in Italia, avevano dato vita a un’associazione, il ’Cervo bianco’, che si era proposta come un’alternativa alle associazione più strutturate e radicate e che, con una manifestazione che aveva richiamato più di 2.500 persone, aveva sfilato per le vie della città al motto di "giustizia, legalità, sicurezza". Parole sacrosante ma l’idillio durò poco. Alcuni dei promotori del ’Cervo bianco’ finirono in un’inchiesta della Procura per alcuni episodi di violenza nei confronti di cittadini nordafricani, che venivano picchiati a bastonate solo per il fatto di circolare in strade comprese fra via Pistoiese, via Filzi e dintorni. La Procura scoprì che alcuni dei vertici del ’Cervo bianco’ avevano promosso le spedizioni punitive per "vendicare" i connazionali. Fra i capi dell’organizzazione fu individuato Jacopo Hsiang che oltre a dover rispondere delle ronde, fu poi arrestato per un fiorente giro di spaccio e prostituzione all’interno dei suoi locali.

L.N.