Prato, 22 settembre 2024 – “Posso offrirle una Coca Cola?” Giuseppe, 85 primavere sulla spalle, sorride nella sua polo celeste, davanti alla tv accesa che non ascolta. Perché ora c’è da parlare. “Vede io ho una notizia da darvi, qui dentro ho scoperto una cosa che non pensavo potesse esistere, lo scriva. Qui dentro ho capito che cos’è la felicità”. Gli occhi vispi si muovono nella stanza pulita e ordinata, oltre la finestra il sole stanco di settembre. Parla piano Giuseppe, parla bene. Bolognese trapiantato a Prato dal 1994, Giuseppe Faccioli ha un passato da manager del personale per grandi marchi della moda. Da sei mesi Giuseppe è ricoverato nell’hospice Il Fiore di Primavera, a Prato. Ha i movimenti lenti e misurati di chi sta combattendo ’dentro’ una battaglia silenziosa. E anche di chi non ha più furia di guardare l’orologio. Accanto a lui Sabrina Pientini, direttrice delle Cure palliative dell’Asl Toscana Centro per Prato e Pistoia.
“Sono sempre stato un fumatore. Quante sigarette ho fumato nella mia vita... – racconta Giuseppe – Ho fatto una visita di controllo ai polmoni, al Santo Stefano. E hanno scoperto il tumore, con metastasi. Sembra uno scherzo del destino: solo quel giorno ho iniziato a sentire dolore. Prima stavo benissimo. Mi ricoverano qualche giorno, poi torno a casa”. Giuseppe vive solo: fare le terapie a casa è impossibile e per lui si aprono le porte dell’hospice di via Pistoiese. “Quando sono entrato qui dentro, non ero certo molto allegro – sorride Giuseppe – ora il primo a scherzare sono io. Qui ho conosciuto la bontà, persone che danno e non pretendono. Il gruppo di infermieri è straordinario”. Come la rete di volontari che sostiene e aiuta i malati: File, Stremao e Aisla Prato in prima fila. Ma prezioso è anche il lavoro d’ascolto che fanno gli assistenti spirituali laici, figure che fanno riferimento alla comunità dei Ricostrutturi nella preghiera.
“Pensi: è sei mesi che sono qui. E i volontari di File vanno a casa mia, mi prendono i cambi. Mi hanno stirato la camicia. Vede? E non mi hanno chiesto nulla”. Anzi, è Giuseppe a chiedere. Perché il Fiore di Primavera è diventato l’hospice che prova a realizzare i desideri dei malati oncologici. “Non ci riusciamo sempre, ma spesso sì”, spiega Pientini. Nella piccola hall della struttura, in cima a un pianoforte, c’è una scatola pronta ad accogliere i sogni di chi, purtroppo, ha il futuro in ostaggio a mali implacabili. Ogni sogno realizzato è una piccola rivincita, in fondo.
Ad agosto i volontari di File sono riusciti a portare nel giardino dell’hospice un cavallo: era il sogno di Aurora, 80 anni, malata terminale. Ha accarezzato l’animale e gli ha dato da mangiare. Un altro paziente ha chiesto di poter festeggiare i 71 anni di matrimonio con la moglie, i figli e i nipoti. Un altro ancora di poter incontrare Cristina D’Avena. La scatola dei desideri raccoglie i desideri dei 12 ospiti della struttura. E c’è anche quello di Giuseppe. Cosa ha chiesto? “Nel 2025 vorrei andare a Roma per il Giubileo”, racconta.
“Noi ci proveremo”, sorride la direttrice Pientini, abituata a fare piccoli miracoli. “Questo nasce come posto per morire dignitosamente – spiega – Ma abbiamo lavorato molto perché non fosse solo quello”. Il servizio Cure Palliative dell’Asl può contare su cinque medici che lavorano sul territorio, e uno in hospice. “E curiamo più di 200 persone a domicilio. Cerchiamo anche di fare incontri con la cittadinanza perché la morte ancora troppo spesso viene considerata un tabù. E invece è importante parlarne. E fare capire che si può morire con dignità. E questo può dare molto sollievo”.