
Scuola (immagine di archivio)
Prato, 26 marzo 2016 - Gli alunni dislessici hanno diritto a un contributo economico. A dirlo è una sentenza del Tribunale di Prato che ha respinto il ricorso avanzato dall’Inps. Tutto è nato nel 2013 per volontà di una mamma intenzionata a portare avanti una battaglia legale per vedere riconosciuto anche al proprio figlio, lo stesso diritto che per altre regioni italiane è la normalità. Dopo due anni e mezzo di carte bollate e ricorsi, alla fine è arrivata la buona notizia: a suo figlio è stata riconosciuta un’indennità per le spese legate alla frequenza di una scuola (pubblica o privata) o di un centro specializzato per terapie o riabilitazione.
Si tratta di 279 euro che vengono riconosciuti alla famiglia per dieci mesi l’anno più eventualmente anche per i mesi estivi, se il ragazzo frequenta lezioni o centri specializzati. «Avevo saputo che esisteva questa possibilità e così dopo essermi confrontata con un avvocato e con la mia famiglia abbiamo deciso di intraprendere questo percorso - spiega la mamma - Abbiamo dovuto spiegare a nostro figlio quello a cui stavamo andando incontro cercando di fargli capire che talvolta per far valere le nostre ragioni bisogna lottare nelle sedi opportune».
E così nel 2013 è iniziata l’avventura di questa famiglia residente a Calenzano, assistata dagli avvocati Francesco Chetoni e Francesca Raffaele di Firenze: all’epoca il bambino frequentava le medie, adesso va al liceo. «Avere un sostegno di tipo economico per questi bambini che non sono autonomi nello svolgimento del percorso scolastico deve diventare un diritto al pari degli aiuti che vengono loro offerti a scuola - continua la madre - Ogni caso è diverso dall’altro, ma in generale chi è affetto da dislessia ha difficoltà nel raggiungere l’autonomia. Per questo è necessario un lavoro di affiancamento sia a scuola che a casa». La diagnosi di Dsa, infatti, non ha ricadute solo sulla scuola, ma richiede una presa in carico con percorsi di riabilitazione a spese della famiglia, con un notevole dispendio di denaro che non è coperto dalla legge. «Esiste già una legge che dà un contributo ai minori che sono limitati nella loro autonomia a causa di disturbi di tipo clinico, sull’indennità di frequenza - aggiunge Christina Bachmann psicologa e consulente di parte nella causa - Nonostante si tratti di una legge a livello nazionale, i criteri di assegnazione di questo contributo sembravano variare non solo di regione in regione, ma addirittura di commissione in commissione. Una sentenza, storica, destinata finalmente a fare chiarezza».
In partiocolare la sentenza del Tribunale di Prato ha respinto il ricorso che l’Inps aveva presentato contro la famiglia del bambino spiegando come «il deficit dell’apprendimento non è singolo ma plurimo e complesso. Si tratta infatti non di un semplice deficit di lettura ma di un deficit più grave comprendente anche la scrittura la quale si ripercuote anche in ambito matematico in relazione alla scrittura dei numeri e di linguaggio».