ROBERTO BALDI
Cronaca

Dalla quarta serie alla promozione. Prato, la speranza ha settant’anni

Nella stagione 1953-’54 i biancazzurri risalirono dalla D di allora: una spinta per la squadra di Novelli. Quella formazione incarnava lo spirito dell’intera città, mai doma e dotata di una grande identità.

Nell’anda e rianda biancazzurro, c’è una stagione che si staglia nettamente: è quella 1953-’54, quando il Prato di settant’anni fa si trovò a disputare inopinatamente la IV serie, attuale serie D, e a remare per tornare a galla. Corsi e ricorsi della storia Calcio Prato, quando l’imperativo era marciare per non marcire. Si eleggeva presidente Renato Giomi che succedeva a Giampiero Cipriani e come segretario il celebre Romeo Anconetani, poi passato alla presidenza del Pisa; consiglio direttivo tutto di pratesi: Bino Bini e Limberto Tempesti vicepresidenti e come consiglieri Giacomo Aguzzi, Genunzio Benassai, Bruno Benelli, Alfredo Berti, Ilio Consorti, Mario Enoch, Moreno Fiesoli, Franco Franchi, Foresto Frati, Fernando Gasperini, Donatello Gori, Mario Magni, Radames Mazzoni, Carlo Meoni, Aldo Pellegrini, Otello Rindi, Faliero Sarti, Alessandro Somaini, Valerio Tempestini. Un collegio di probiviri presieduto nientemeno che da Tito Cesare Canovai che era stato prefetto di Verona, Viterbo, Cagliari, Perugia, Pescara e dava alla compagine di via Garibaldi, dove si era insediata l’A.C.Prato sopra il Politeama, un connotato di stile e di affidabilità a tutta prova.

Era la Prato che nel febbraio dell’anno prima aveva regalato Enrico Befani come presidente alla Fiorentina dello scudetto. Era la Prato che alimentava al suo interno il proprio orgoglio di identità, coltivato anche da un’Unione Industriali che poco tempo dopo avrebbe varato un consiglio direttivo biancazzurro, con a capo prima Capponcelli e poi Baldassini, tutto composto da rappresentanti della stessa Unione. Mentre politica, sindacalismo, impresa ed economia dialogavano fra loro e il telaio batteva la notte per tutte le notti dell’anno nel cuore della città e ti rintronava la testa e la gente che veniva da fuori era convinta che piovesse notte e giorno e invece erano le spole che si inseguivano ininterrottamente, ci sentivamo impegnati a pensare e a realizzare subito le cose pensate, traducendole in economia, lavoro, realizzazioni a vari livelli, sport compreso. Pochi anni dopo nasceva la Centromatic di Conti col raggiungimento della serie A. Si partoriva già allora l’idea della provincia, che doveva nascere molti anni dopo ma che si costituiva come punto di arrivo di una crescita inarrestabile. E il veicolo calcistico diventava emblema: Ubaldo Miliotti a distanza di anni chiedeva di essere avvolto alla sepoltura in quello che lui chiamava "glorioso vessillo biancazzurro", come infatti avvenne. Non siamo nati perché a Prato ne mancava uno, ma perché abbiamo un Dna tutto particolare nel quale la pratica vale più della grammatica. Per il pratese la vita non è mai stata aspettare che passi la tempesta ma esorcizzarla in un’orgogliosa difesa della propria identità, avendo il coraggio di sognare, come ci hanno insegnato i nostri padri, che hanno attraversato i mari fuori dalle labili utopie degli economisti per affermare le proprie stoffe nei mercati del mondo. Il sole che ha illuminato il nostro secolo d’oro sorgeva per scaldare e illuminare il presente.

E’ proprio in quella stagione di settant’anni fa che alle finali della quarta serie approdarono Prato, Bari, Foggia e Colleferro, consentendo la promozione dei biancazzurri alla serie C attraverso la vittoria proprio contro il Colleferro: 35 pullman, un treno speciale e mezzi privati che portarono a Roma circa 3000 sportivi. Allenatore Silvano Grassi, che dirigeva le partite accovacciato ai lati della panchina, ingoiando nicotina nei tempi in cui alla radio la notizia del fumo, come principale causa del cancro ai polmoni, era seguita da una pubblicità di sigarette. Direttore sportivo Ottorino Dugini, nato a Terranuova Bracciolini ma naturalizzato pratese, perché la linfa del domani si andava a cercarla prevalentemente nella cerchia delle proprie mura trecentesche.

Ora anche per la guida del Prato Calcio siamo andati a cercare altrove. Ma non può essere tutto finito. Da i’ campo dee sortir la fossa, maremma impelagata come si usa dire a Prato. C’è chi nasce pergamena, chi nasce carta igienica. Il solo difetto dei toscani resta quello di non esser tutti pratesi come ci insegnava zio Malaparte.