Prato, aziende al palo: tanti cinesi rientrano in patria

E’ un piccolo esodo quello che coinvolge tanti imprenditori orientali (ma anche operai), attratti dal boom dell’economia di casa

Una ditta di confezioni a conduzione orientale

Una ditta di confezioni a conduzione orientale

Prato, 9 gennaio 2021 - Centinaia di ditte di confezione che lavorano pochissimo, migliaia di operai che si ritrovano all’improvviso senza un’occupazione e il timore diffuso di una gestione inadeguata della pandemia. Sono le motivazioni alla base di quello che può diventare un vero e proprio esodo di cittadini cinesi. In tanto ormai da mesi hanno deciso di lasciare temporaneamente Prato per fare ritorno in patria. E ora bisogna capire se torneranno. Uno spostamento di migliaia di persone che preferiscono stare vicini alle famiglie d’origine, piuttosto che restare a Prato a pagare affitti o a ricorrere agli aiuti di amici e associazioni di volontariato solo per potersi permettere di fare la spesa. Uno dei sentori di questa migrazione sempre più consistente viene rappresentato dai voli in partenza da Milano per la Cina: i biglietti aerei, oltre ad essere molto costosi, sembrano ormai quasi introvabili.

Ascoltando il parere di chi vive dall’interno le dinamiche della comunità cinese, non si tratta comunque di un addio definitivo, bensì della scelta di trascorrere il tempo della pandemia in un luogo in cui ci si sente più sicuri, dove il vaccino è già una certezza per milioni di persone e dove è in corso un vero e proprio boom economico. Proprio l’aspetto finanziario sta iniziando ad attirare l’attenzione di molti imprenditori cinesi di Prato, che lasciano in città i loro collaboratori più fidati a mandare avanti la confezione, mentre loro vanno a caccia di affari in patria. "Le imprese più strutturate ormai da mesi stanno cercando di aprire un’attività anche in Cina", spiega Giancarlo Maffei, ex assessore provinciale, che per lavoro si divide fra Nanchino e Prato.

"Il sistema dei pronto moda è basato sulle persone che arrivano a Prato a fare acquisti di grandi quantitativi di merce. Adesso con le restrizioni negli spostamenti, qui in provincia ci sono di fatto 700/800 confezioni ferme. Così in tanti stanno pensando di diversificare. Una scelta che non significa tornare in Cina per sempre, bensì provare a cavalcare il boom economico orientale. Lì infatti ci sono ristoranti pieni e grande voglia di investire e ripartire". C’è poi il l capitolo degli operai orientali, che come gli imprenditori tornano in Cina in cerca di un reddito. Tra l’altro creando un problema ai pronto moda presenti a Prato. "Quelle poche confezioni che hanno lavoro – prosegue Maffei – stanno facendo i conti con la carenza di dipendenti. Perché tanti sono tornati in Cina, dove possono appoggiarsi alle famiglie e avere la certezza di opportunità lavorative. Comunque questo è un momento di transizione, a primavera molti torneranno a Prato. Chi ha le sue radici in città, difficilmente resterà per sempre in Cina".

A confermare il grande fermento nella comunità cinese è anche il vicepresidente di Cna Toscana Centro, Wang Liping. "Nel nostro gruppo ci sono sei imprenditori che sono tornati in Cina per mancanza di lavoro. Ma comunque hanno lasciato un collaboratore a seguire l’azienda. Di fatto stanno trascorrendo il tempo della pandemia in Cina, ma poi torneranno qui. Chi a Prato ha famiglia, casa e azienda difficilmente se ne andrà. E poi in Cina ripartire da zero e ricostruirsi una nuova rete di contatti non è semplice. Più facile investire in un settore differente, ad esempio quello del vino".

Parlando di ripartenza Liping punta tutto sul vaccino. "Tutti lo devono fare in Italia – dice – Con un 70% di adesione eviteremo zone rosse o arancioni e di mandare in crisi la sanità". A raccontare la crisi che stanno attraversando le confezioni cinesi di Prato è anche il consigliere comunale del Pd Marco Wong. "Ci sono aziende in ginocchio – sottolinea – che adesso non sanno come fare a pagare l’affitto del capannone. Qualcuno sta pensando di delocalizzare in Cina, ma con molti dubbi: alcuni che l’hanno fatto in passato sono rimasti scottati, bruciando investimenti importanti".