Consigliere comunale condannato per i post su Facebook, La Vita: "Non ne sapevo nulla"

Ma Fonderia: "Ha partecipato a un tentativo di mediazione andato fallito"

La consigliera comunale del Movimento Cinque Stelle, Silvia La Vita

La consigliera comunale del Movimento Cinque Stelle, Silvia La Vita

Prato, 25 marzo 2018 - E’ condannata ma lei non lo sa. E’ sorpresa Silvia La Vita, consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle, quando ha saputo di essere stata condannata dal giudice di pace di Prato, Emanuele Calabrese, al risarcimento di 5mila euro, oltre al pagamento delle spese legali, nei confronti di Fonderia cultart. Nel mirino sono finiti alcuni post su Facebook e articoli di giornale, pubblicati fra il 2014 e il 2016, considerati dal giudice «diffamatori», come riportato ieri da La Nazione. La notizia – sostiene La Vita – è arrivata come un fulmine a ciel sereno nonostante la consigliera nel febbraio 2016 avesse partecipato, accompagnata da un legale, a un tentativo di mediazione andato fallito per la mancanza di disponibilità della consigliera ad ammettere l’errore.

Fonderia, accusata nei post incriminati, di aver avuto facilitazioni per ottenere incarichi da parte del Comune, è andata fino in fondo ottenendo ragione in una causa civile che si è svolta di fronte al giudice di pace.

Nel procedimento La Vita è stata dichiarata contumace, nonostante fosse stata «citata ritualmente», come riporta il giudice nella sentenza numero 413/17 depositata in cancelleria il 4 settembre 2017 e per la quale i termini di impugnazione sono già scaduti. La consigliera, a suo dire «stupita», ha affidato la sua replica, ovviamente, a Facebook. «Apprendo da un articolo su La Nazione di essere stata condannata a un risarcimento danni – ha scritto La Vita ieri di prima mattina – Curioso, visto che non ho mai ricevuto nessuna notifica dal giudice di pace, né di invito a comparire né di giudizio per risarcimento danni. Verificherò per scrupolo...». E poi nel pomeriggio ammette (sempre su Fb): «Lunedì cercherò di capire che cosa è successo, ribadisco che la sentenza sembra essere in mano ai giornali e non a me». Sulla questione delle notifiche, il giudice insiste scrivendo più volte nella sentenza che «La Vita ha continuato nella diffusione delle affermazioni diffamatorie anche successivamente alla notifica dell’atto di citazione come documentato dagli atti depositati».

«La signora La Vita era presente assieme al suo avvocato all’incontro di mediazione del 25 febbraio 2016 – spiegano i soci di Fonderia –. Incontro in cui abbiamo cercato di trovare un accordo amichevole per ottenere una semplice ammissione di colpa dell’interessata, senza però avere la sua disponibilità. Successivamente, l’atto della prima udienza le è stato notificato regolarmente dall’ufficiale giudiziario che è andato alla sua residenza, ma lei non ha ritirato la notifica. L’atto è stato quindi lasciato alla casa comunale a sua disposizione. Il giudice, alla prima udienza del 20 settembre 2016, ha verificato la correttezza della notifica e ha dichiarato la sua contumacia». E’ probabile, dunque, che l’atto non sia stato ritirato dalla La Vita.

«Dal dicembre 2014 – proseguono da Fonderia – abbiamo subito dichiarazioni diffamatorie, volte a screditare il nostro lavoro e lesive della nostra immagine e reputazione professionale. Abbiamo vissuto le illazioni nei nostri confronti mantenendo sempre un profilo basso, consapevoli dell’estraneità alle tante accuse che la consigliera ha ripetutamente indirizzato alla nostra attività professionale. Per noi la delusione e il rammarico sono stati tanti di fronte a illazioni pesanti come aver paragonato la nostra impresa a quelle di “mafia capitale».

Laura Natoli