LAURA NATOLI
Cronaca

Condanne severe ai carabinieri infedeli Organizzarono rapina a un imprenditore

I due militari erano i basisti del colpo e reclutarono i tre esecutori materiali tramite due fruttivendoli. Pene da 2 a 4,8 anni

di Laura Natoli

PRATO

Sono stati condannati i carabinieri considerati la mente della rapina avvenuta nel maggio di due anni fa ai danni di un ricco imprenditore cinese. Ennio Serino ha patteggiato una pena a quattro anni mentre il collega Giuliano Rosa è stato condannato in rito abbreviato a quattro anni e otto mesi. Lo ha deciso il gup Lippini a una settimana di distanza dalle richieste dei pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Massimo Petrocchi. Insieme a loro sono stati condannati a quattro anni i tre esecutori materiali della rapina - Michele Langella Esposito, Antonio D’Avino e Giuseppe Riano - tutti campani originari di Afragola, che furono i primi a essere rintracciati dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Condannati anche i due fruttivendoli ambulanti, Vincenzo Russo e Giuseppe Zanfardino, sempre campani, che fecero da tramite fra i militari e gli esecutori materiali del colpo.

Il giudice ha confermato la ricostruzione fatta dai pubblici ministeri sulle indagini dei carabinieri che riuscirono a risalire ai tre campani i quali dal carcere fecero il nome di Serino e poi di Rosa. Serino e Rosa fornirono ai tre campani le pettorine e un falso mandato di perquisizione per entrare nella villa dell’imprenditore cinese a Galciana e rubare tutti i contanti. Il colpo fruttò 11.000 euro anche se, nei piani dei due condannati, il bottino si sarebbe dovuto aggirare intorno agli 80-100.000 euro.

Serino e Rosa si trovano agli arresti domiciliari da oltre un anno. Secondo quanto emerso, Serino avrebbe avuto i contatti con gli ambulanti, che avevano un camion di frutta e verdura al Macrolotto. Furono loro a indicare i nomi degli esecutori materiali del colpo, i primi a essere arrestati dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Furono i tre a tirare in ballo Serino e i due ambulanti. Gli esecutori della rapina sostennero durante l’interrogatorio che Serino aveva commissionato il colpo in casa dell’imprenditore cinese. Sempre i tre avevano fatto il nome del collega Giuliano Rosa. Durante le indagini i carabinieri hanno cercato riscontri all’accusa, arrivati successivamente e confermati dallo stesso Serino durante l’interrogatorio-confessione. Ma la rapina ai danni dell’imprenditore fu solo un ripiego. Il primo obiettivo dei militari era un portavalori. I due si stavano organizzando per derubarlo procurandosi i doppioni delle chiavi. Il furto non andò a buon fine perché il portavalori aveva una serie di misure di sicurezza che i militari non riuscirono ad aggirare. Pensavano di fare il colpo della vita: un milione di euro che avrebbe garantito loro un’esistenza agiata. Non andando a buon fine il furto al portavalori ripiegarono sul ricco cinese.

Nella casa dell’imprenditore c’erano la moglie incinta e un amico. La rapina fu violenta: le vittime furono minacciate con una pistola (non è mai stato chiarito se fosse vera oppure no). I banditi riuscirono a distruggere una telecamere della casa ma non si accorsero che ce n’era una seconda che riprese tutta la scena. Grazie alle immagini i carabinieri hanno incastrato i tre napoletani. I banditi rivelarono una storia ben diversa facendo i nomi di Serino e Rosa che prestavano servizio nel Nucleo Radiomobile. Al termine della rapina i napoletani fuggirono con 11.000 euro e non con 100.000 come i carabinieri credevano. Tanto che ne nacque una discussione: Serino e Rosa sospettavano che i banditi stessero mentendo per tenersi per sé parte del bottino. Gli investigatori hanno fatto controlli incrociati per trovare riscontri al racconto dei banditi: sia Serino che Rosa il giorno della rapina risultavano fuori servizio. Serino era in malattia, Rosa in congedo. I cellulari di entrambi, però, avevano agganciato le celle nei pressi della villa del cinese a Galciana. Una concomitanza strana per essere solo solo una coincidenza.