Coronavirus, i cinesi di Prato non interrompono il lockdown: "Continuiamo a stare chiusi"

Le voci dalla comunità orientale toscana

Cittadini cinesi con mascherina

Cittadini cinesi con mascherina

Prato, 29 aprile 2020 - Hanno chiuso per primi, anticipando di parecchi giorni il lockdown imposto dal governo e riapriranno per ultimi, ben oltre la data del 4 maggio. Gli imprenditori cinesi che guidano le 4.800 aziende di pronto moda strette tra i Macrolotti della zona industriale di Prato non hanno alcuna intenzione di riaprire i battenti.

Le confezioni, core business della comunità orientale della Toscana, non riprenderanno l’attività. Ancora troppa la paura del virus. «Dal punto di vista degli affari, la stagione primaverile e quella estiva sono ormai perse. Inutile tornare in produzione. La curva dei contagi non è ancora ai livelli di sicurezza e non vogliamo rischiare», dice Lorenzo Wang, 30 anni, rappresentante dei Giovani imprenditori cinesi d’Europa.

Lui è il titolare della confezione ‘Firstage’, una delle tantissime presenti a Prato. «Ci sono molti connazionali che per tirare avanti hanno avuto bisogno dei pacchi alimentari. Ma viviamo questo periodo come una guerra mondiale e secondo noi non è ancora finita», dice Wang.

Era febbraio quando la comunità cinese decise di battere in ritirata e iniziare un’autoquarantena che non terminerà prima della fine di maggio. Questi cinesi sono l’altra faccia di Prato: mentre il tessile per settimane ha cercato di forzare la mano al governo per anticipare la ripresa della produzione, avvenuta lunedì, i cinesi non apriranno nemmeno con la fine del lockdown.

La strategia dell’isolamento ha dimostrato la sua validità: secondo i numeri ufficiali, nella comunità cinese di Prato non è stato registrato nemmeno un caso di contagio. «E’ ancora presto per riprendere la produzione», dice anche Marco Wong, primo consigliere comunale cinese della storia di Prato. «La paura dei contagi è troppo alta, dopo mesi di sacrifici meglio non rischiare». Silvia Bini