Prato, 10 febbraio 2016 - del Riesame ha revocato il provvedimento relativo a tre degli otto appartamenti sequestrati lo scorso novembre fra piazza Mercatale e via Sant’Antonio, quando i sigilli – finalizzati alla confisca – furono posti nell’ambito del blitz antiprostituzione della Guardia di Finanza, disposto dalla procura. Furono trentotto i denunciati, tra i quali un carabiniere e i proprietari italiani e cinesi degli immobili in cui le prostitute, tutte orientali, esercitavano l’attività dopo aver adescato i clienti direttamente in piazza o affacciate sugli ingressi di via Sant’Antonio. Per tutti l’accusa è di favoreggiamento della prostituzione. La procura – il fascicolo è nelle mani del sostituto procuratore Antonio Sangermano – aveva disposto il sequestro sostenendo che i proprietari erano pienamente consapevoli del fatto che all’interno degli appartamenti veniva svolta un’attività illecita. Sempre secondo la procura, dalle intercettazioni telefoniche, emergeva inoltre che i proprietari non si rapportavano (mai) con i reali intestatari dei contratti di affitto ma con una terza persona – come nel caso della proprietaria dei tre immobili dissequestrati, una settantenne pratese – che gestiva gli appartamenti e riscuoteva la quota direttamente dalle prostitute cinesi. Per la procura è impossibile che i proprietari non si fossero resi conto di ciò che accadeva all’interno delle case perché – oltre al fatto che la prostituzione in piazza Mercatale venisse esercitata alla luce del sole – gli appartamenti erano attrezzati come vere e proprie «case chiuse». Ma la 70enne pratese – tramite i suoi avvocati Federico Febbo e Costanza Malerba – ha presentato ricorso. I legali si sono fatti forza di un pronunciamento della Suprema Corte sull’ipotesi specifica degli immobili dati in locazione a persone che ci esercitano attività di prostituzione. Riferendosi alla sentenza della Corte di Cassazione, Febbo e Malerba hanno sostenuto che non esiste reato se lo scopo della locazione non ha nulla a che vedere con l’attività di prostituzione e se il canone di affitto è in linea con i prezzi di mercato. In sostanza: se il proprietario dimostra di non essersi approfittato della circostanza, non è responsabile (non «favoreggia») chi ha in locazione la casa. Nel caso di piazza Mercatale la signora pratese ha concesso i tre immobili a un prezzo assolutamente in linea con quelli di zona: 700-750 euro per appartamento. Particolare del prezzo che non è stato contestato nelle indagini della procura. Il giudice ha accolto la tesi difensiva spiegando che, se anche la donna fosse stata a conoscenza di quello che succedeva all’interno dei locali, non ne avrebbe avuto responsabilità. Un provvedimento che interessa tutti i proprietari italiani dei tanti immobili affittati a cinesi e posti sotto sequestro. La signora, comunque sia, ha già rescisso tutti i contratti dei tre appartamenti incriminati.
CronacaCase chiuse cinesi. «I proprietari non sono responsabili»