Buona entrata da 400.000 euro "A processo i due immobiliaristi"

Ipotizzato il reato di estorsione. Chiesto il rinvio a giudizio per un agente che avrebbe preso parte alla trattativa

Buona entrata da 400.000 euro  "A processo i due immobiliaristi"
Buona entrata da 400.000 euro "A processo i due immobiliaristi"

Una "buona entrata" da 400.00 euro. Tutto a nero e senza nessun foglio che attesti l’avvenuto passaggio di soldi.

Sarebbe la "moda" in voga al Macrolotto Uno dove i cinesi fanno a gara per accaparrarsi un capannone in cui mettere su la propria attività. Una "vetrina" che non ha prezzo per la quale gli imprenditori cinesi sono disposti a sborsare cifre da capogiro, anche solo per poter avere un contratto di affitto. E su questa usanza ci sarebbe chi ci specula. Nei guai sono finiti due immobiliaristi e un agente immobiliare, tutti pratesi, per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio con la pesante accusa di estorsione. L’udienza preliminare era fissata per fine aprile ma a causa dell’astensione degli avvocati penalisti è stata rinviata a dopo l’estate. La posizione di un secondo agente immobiliare è stata archiviata in quanto non avrebbe preso parte alla trattativa per la stipula del costoso contratto di affitto.

L’indagine della Guardia di finanza è partita dalla denuncia presentata ai carabinieri da una donna cinese per conto dello zio. La donna raccontò che i proprietari del capannone dove c’era la ditta dello zio avevano intascato 400.000 euro solo per stipulare il contratto di affitto dell’immobile. Soldi che sono transitati a nero e di cui non è rimasta traccia se non nelle dichiarazioni della cinese, operaia nell’azienda dello zio, bloccato in Cina per il Covid.

La donna riferì nella denuncia che la ditta aveva sede in quell’immobile al Macrolotto Uno da quattro anni. Nell’estate del 2021 – a causa del lockdown – lo zio non era stato in grado di pagare tre mensilità e aveva ricevuto l’avviso di sfratto. Il contratto era regolare come tutti i pagamenti, tranne quei 400.000 euro, passati sottobanco agli immobiliaristi prima della stipula del contratto in modo da sparire di fronte al fisco. Secondo quanto emerso, i proprietari avrebbero preteso i soldi dei mesi non pagati non tenendo minimamente in considerazione l’enorme cifra incassata quattro anni prima. Quando i carabinieri si sono presentati alla porta del pronto moda per dare esecuzione allo sfratto, la cinese non ci ha visto più e ha vuotato il sacco. Sempre secondo quanto riferito, lo zio sarebbe riuscito a rimettersi in pari con i pagamenti delle tre mensilità saltate, chiedendo di poter stipulare un nuovo contratto. I proprietari, però, avrebbero preteso altri 400.000 euro per rinnovare il contratto e non dare seguito allo sfratto. Il cinese si è rifiutato di versare una ulteriore cifra tanto che l’iter di sfratto è andato avanti. Le indagini della Procura – affidate al pm Alessia Iacopini – sono state piuttosto lunghe e complesse. In un primo momento, era stato ipotizzato il reato, molto meno grave, di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma poi man mano che gli accertamenti sono andati avanti è stata ipotizzata l’estorsione. Un precedente simile c’è già stato, e il processo è nella fase del dibattimento. Non è un segreto che al Macrolotto ci sia l’usanza delle buone entrate o uscite nei capannoni ma finalmente un cinese ha avuto il coraggio di denunciare e collaborare con le indagini. La denuncia dell’imprenditore ha riacceso l’interesse sulla questione dei soldi dati a "fondo perduto" per accaparrarsi il capannone nella migliore posizione, dove passano più compratori. Stare al Macrolotto Uno, in quello di Iolo o di Tavola, infatti è una "vetrina" che per gli imprenditori cinesi non ha prezzo e poco importa se per mettervi piede la prima volta bisogna pagare una specie di tangente.

La Procura sta inoltre cercando di ricostruire la filiera di questi passaggi di denaro dietro cui potrebbero nascondersi reati come riciclaggio e autoriciclaggio frutto di lavoro nero, evasione fiscale o contrabbando.

Laura Natoli