REDAZIONE PRATO

Buon compleanno La Camerata è un dono tra memoria e futuro Lo storico debutto

Buon compleanno La Camerata è un dono tra memoria e futuro Lo storico debutto

PRATO

"Te deum laudamus", intona il coro sulla baldanza squillante di ben tre tombe e la pulsazione vitale dei timpani. Dentro la triade lucente del do maggiore annuncia il suo primo suono al mondo la Camerata strumentale città di Prato. Qualche minuto oltre le 21 del 28 febbraio 1998: è il battesimo dell’orchestra e l’inaugurazione di una stagione concertistica e di un periodo che sarà duraturo ed inedito per la città del tessile, che torna ad alimentarsi di musica. E insieme rinasce il Politeama che da questa sera diventa lo spazio d’adozione dell’orchestra, un luogo salvato dall’intraprendenza di Roberta Betti che - come è stato per la nascita della Camerata - è riuscita a mettere insieme istanze pubbliche, privati e cittadini: la formula mista che sembra essere quella prediletta dai pratesi per percorrere i sentieri culturali a beneficio della città.

E’ verosimile che il direttore artistico Alberto Batisti, la cui mens luminosa e lungimirante, fervida di saperi ed esperienza nel tessere progetti musicali (la conferma arriverà negli anni), abbia con intenzione scelto il "Te Deum" di Haydn e il suo accecante do maggiore come inno augurale di vita nuova, auspicio di future fortune. Dopo, Haydn ecco Mozart della "Sinfonia Haffner" in re maggiore, ironico e galante, frivolo ma asciutto. C’è già una sorta di imprimatur ben decifrabile: Haydn e Mozart per cominciare, i due grandi musicisti – con Beehtoven- più frequentati negli anni dalla Camerata, segnano il percorso che innerva le scelte delle origini, quello attento alla formazione musicale. Una gradualità appropriata alla crescita dei repertori che si sviluppi in parallelo con la preparazione dei giovani combinata ad una offerta concreta d’ascolto al pubblico. Questa la formula originaria che si manifesterà indovinata.

In platea intanto si ha la sensazione di stare dentro a un momento da ricordare, da vivere - come dirà Polo Sarti presidente dell’Unione Industriale - "un’avventura per la cultura", dove in tanti si son dati daffare: qualcuno ha regalato e acquistato i timpani, un lanificio ha offerto i tessuti per le divise dell’orchestra e una confezione le ha cucite; qualcuno ha offerto le sedie e i leggii e la moquette. Una staffetta della solidarietà per la musica. Sul palcoscenico, nella penombra delle quinte nere stanno i ragazzi a crocchi con gli strumenti in mano, in attesa dell’attacco fatidico della prima volta. Per la cronaca: sono 42 con età media 24 anni. Sembrano tutti uguali nell’abbigliamento scuro da concerto, è l’acconciatura del capelli che li differenzia, qualcuno con l’orecchino e brillantino, tutti concentrati per dare il suono giusto complesso. Uno freme un po’: è la pima volta che suona in un’orchestra; dice che tra poco si divertirà a far musica insieme agli altri, aggiunge che se si prova piacere si riesce anche a trasmettere meglio. Affermazione che il tempo farà diventare verità e motto della Camerata.

Vengono da ogni parte d’Italia (ci sono anche diversi pratesi, oltre al primo violino solista Alberto Bologni). Il futuro segnerà per molti di questi giovani dei percorsi professionali di grande soddisfazione: quella sera ancora non lo sanno, ma molti di loro saranno richiesti da istituzioni prestigiose quali la Scala, il Maggio Musicale Fiorentino, Santa Cecilia, l’Orchestra della Toscana e quella di Bologna. Perfino all’estero. E’ il momento. Il maestro Alessandro Pinzauti alza la bacchetta: da quel gesto non spunta solo della buona musica, ma anche il segno di un progetto culturale che si allarga sul futuro. Pinzauti interpreta insieme al gruppo, indicando spesso col sorriso, con l’occhiata certa, che dà sicurezza. Il lavoro è arduo. Deve amalgamare gli strumenti alle quattro voci soliste della "Messa per timpani" di Haydn con la perfezione vocale di un coro eccellente: "Athestis Corus" diretto da quel gentiluomo veneto che è Filippo Maria Bressan, figura di musicista completa che la Camerata incontrerà ancora sul suo cammino. Un coro protagonista per una fuga finale sorretta da squillo d’ottoni e pulsazioni di timpani: "In aeternum...".

Un incipit che è quasi una metafora: il biglietto da visita della nuova orchestra. La serata storica si conclude con un battimani entusiastico del pubblico che fa eco ad un altro monumentale do maggiore, ancora di un Haydn che sotto l’etichetta liturgica della "Missa in tempore belli" propone la provocazione finale di un rombo di timpani: la risposta di Haydn ai cannoni di Bonaparte e agli strumenti di morte d’ogni tempo e d’ogni guerra. Il pubblico della prima volta della Camerata viene congedato con la parola "Pacem".

Goffredo Gori