
Mancano cuochi, camerieri, sommelier. Il personale di cucina e di sala è gettonatissimo: tra le tante professioni a caccia di ricambio generazionale c’è anche quella legata al food e drink. La scuola destinata a formare i lavoratori del domani resta sempre in testa agli istituiti più gettonati, ma sul mercato la manodopera scarseggia. A Prato l’alberghiero Datini registra il pienone di iscrizioni che di anno in anno non accennano a calare: sembrerebbe tutto perfetto, ma non è così. Il personale scarseggia e il motivo è anche che legato al fatto che i diplomati del settore, quando arrivano effettivamente davanti ad una scelta, poi cambiano strada.
La percentuale è alta: circa il 40% di chi ha in tasca un diploma alberghiero con studi seri per cuoco e cameriere si tira indietro. Una parte entra nel mercato del lavoro cambiando totalmente settore e mestiere, una parte prosegue con gli studi universitari. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con ristoranti, locali e hotel alla perenne ricerca.
A scoraggiare i ragazzi sono anche i turni della ristorazione: sabato, domenica, festività sempre a lavoro e poi c’è anche un altro problema, che si somma alle difficoltà delle aziende nel reperimento delle figure richieste. La scuola che forma cuochi e camerieri non può mettere in contatto la domanda con l’offerta, a meno che non siano i ragazzi a lasciare una autorizzazione specifica dopo la maturità, un ulteriore tassello che rende più complicata la ricerca di personale.
"Le aziende ci contattano per chiedere se abbiamo nominativi prima di tutto per l’alternanza scuola-lavoro, ma ultimamente succede sempre più spesso che ci chiedano nominativi di persone per assumere, ma non possiamo fornire i dati né abbiamo un osservatorio specifico per sapere quanti dei nostri studenti hanno trovato impiego", spiega la dirigente del Datini Francesca Zannoni. "Inoltre non è così automatico che chi si diploma all’alberghiero nonostante gli sforzi e l’impegno della scuola, poi intraprenda la carriera per la quale ha studiato. Circa il 40% dei diplomati cambia strada, una parte proseguono gli studi con l’università e una parte sceglie un altro mestiere perché fare il cuoco o il cameriere implica dover lavorare il sabato e la domenica e anche durante le festività e non tutti ne hanno voglia".
Insomma ci sono più fattori che contribuiscono a creare in gap tra domanda e offerta: il dato di fatto è che il personale specializzato oramai scarseggia e i giovani non sembrano troppo disposti a cimentarsi nel mestiere. Così nei momenti di maggiore afflusso c’è il rischio per ristoranti, bar e locali di ritrovarsi sotto organico tanto da dover per questo limitare le prenotazioni. Cosa che è accaduta anche di recente.
Agenzie interinali, piattaforme web e annunci sulle vetrine scritti a pennarello. Capita sempre più spesso di imbattersi in "cercasi" per assumere commessi, camerieri, addetti alle cucine e alle pulizie. La città ha "fame" di manodopera nella prima vera fase di ripresa post-pandemica ma a questa richiesta non corrisponde un’offerta altrettanto immediata ed adeguata. Molteplici fattori hanno indotto a fare dietrofront a molti candidati un tempo in lizza per posti nel settore della ricettività legata ai settori dell’accoglienza e della ristorazione.
Silvia Bini