REDAZIONE PRATO

Al Metastasio "Si illumina la notte". Per Livia Gionfrida debutto a casa

La regista e drammaturga pratese d’adozione in prima nazionale con il suo omaggio a Franco Scaldati "Lo spettacolo è come un bellissimo viaggio. Alla ricerca di un rapporto più solidale tra uomini e con la natura".

Al Metastasio "Si illumina la notte". Per Livia Gionfrida debutto a casa

La poesia di Franco Scaldati le è entrata subito nel sangue. Pagina dopo pagina, l’ha divorata. Violenta, cruda, luminosa. Come la sua terra: la Sicilia. "Il luogo della pancia da cui ragazzina ero scappata in cerca di un mondo più giusto ma di cui ho sempre sentito una forte nostalgia". Livia Gionfrida vive e lavora a Prato, dove ha fondato Teatro Metropopolare che da 15 anni porta avanti un laboratorio di formazione permanente con gli attori-detenuti della Dogaia. Un riconoscimento dopo l’altro, l’impegno sociale di pari passo con l’esplorazione di nuovi linguaggi artistici, un accurato lavoro di ricerca sul drammaturgo palermitano, fino all’emozione di portare l’ultima fatica da regista e drammaturga nella città d’adozione, grazie al Teatro Metastasio che ha prodotto il suo spettacolo (in collaborazione con Metropopolare e con il sostegno di Armunia). "Si illumina la notte", da martedì 20 al 25 febbraio in prima nazionale al Metastasio (giorni feriali alle 19.45, sabato alle 20.30 e domenica alle 16.30), è il racconto poetico di un mondo post-atomico in cui le creature dialogano senza gerarchie: morti, vivi, piante, animali, re e barboni, personaggi sopravvissuti a un disastro climatico e bellico che sembrano usciti da una tempesta di memoria shakesperiana. In scena Melino Imparato, Manuela Ventura, Daniele Savarino, Naike Anna Silipo, Rita Abela, Giuseppe Innocente.

Che effetto fa debuttare nella città d’adozione?

"Felice e grata per questa opportunità che mi consente di far conoscere Scaldati anche a Prato portando qui i diversi compagni di viaggio cui mi sono legata durante i vari laboratori in tutta Italia, a cominciare da Melino Imparato (il braccio destro di Scaldati, ndr). Questo spettacolo è come un bellissimo viaggio iniziato nel 2020".

Dobbiamo aspettarci uno spettacolo in siciliano?

"Abbiamo lavorato su una poesia che fosse alla portata di tutti, giocando con diversi registri linguistici attraverso una musica di parole e immagini. Ho voluto un testo che armonicamente mettesse insieme lingue diverse senza soluzione di continuità: l’italiano, il siciliano, il napoletano di Eduardo".

Dopo "Pinocchio" a Catania e "Inedito Scaldati" a Palermo, lo spettacolo a Prato è la chiusura di un cerchio?

"È la chiusura ideale di una trilogia che mi ha portato a lavorare su Scaldati riscoprendone la radice shakesperiana. È nella sua poesia che mi ritrovo e trovo anche il senso della ricerca di un rapporto più solidale tra gli uomini e con la natura".

Lo spettacolo affronta temi attuali come l’emergenza cilma.

"Da sempre faccio teatro prendendo spunto da mie esigenze interiori e da ciò che succede intorno a me. In questo caso ho pensato al racconto di una notte fonda, in cui da una tempesta climatica si sprigiona un’apocalisse morale e interiore in cui gli uomini hanno rotto il patto con la natura e le creature. C’è la storia di un poeta, l’ultimo dei poeti sulla terra, che ha raccolto fra le crepe di un muro tutte le parole a rischio di distruzione: nella dialettica fra luce e ombra, le creature sembrano riconciliarsi nel mistero della poesia".

La parabola di Scaldati, sarto-drammaturgo delle periferie, pare cucita addosso a Livia Gionfrida che con Metropopolare lavora da anni in carcere.

"Il mio mestiere lo intendo da sempre come militante. Non ci si può limitare a frequentare solo ambienti ‘borghesi’ e ufficiali tralasciando le periferie: questi due aspetti devono dialogare. La mia drammaturgia si alimenta dei flussi di parole che traggo dalla scuola, dal carcere, dalla strada".

Maria Lardara