REDAZIONE PRATO

Addio Sabrina Querci Era modella e musa delle notti senza buio

Folla per l’addio a una delle figure-simbolo degli anni Ottanta. Cresciuta qui, sbocciò nella Firenze di Pitti, si consacrò a Milano

A metà anni ’80 gli adolescenti pratesi vivevano il mito "paninaro", con Timberland, Moncler e abbronzatura a lampade Uva. Fra tanto conformismo, al liceo classico Cicognini si aggirava una ragazzina mora, molto alta, gambe di fenicottero, naso di Maria Callas, pelle bianca come la luce. Abiti mai visti, scarpe da uomo e grandi orecchini, foulard della nonna e chignon altissimi. E al bulletto che se ne usciva con: "O questa come la si ciurma?", rivolgeva un sorriso di compatimento. Quella ragazza era Sabrina Querci, modella e musa di artisti, che venerdì ha lasciato il suo corpo a 51 anni, per diventare immagine e mito. Difficile definirla: con sublime autoironia, risolse aggiungendo al nome "professione vanesia".

Cresciuta a Prato, fu reclamata presto dalla Firenze trendy e creativa degli anni ’80. Con un gruppetto di adolescenti, tra cui il fratello Marco, dette vita al collettivo "Che fine ha fatto Baby Jane?", alleanza di creativi raccontati nel libro "Felici e maledetti" di Bruno Casini. E arrivarono le feste ’Boper’ con zampe di pollo attaccate al soffitto, le serate al Tenax, al Manila e le performances negli spazi privati di quella Firenze votata ad un nuovo rinascimento, dissolto come una saponetta in vasca da bagno. Sabrina, già modella a sei anni per il fratello, che l’abbigliava a suo gusto la domenica, diventa modella di professione sulle passerelle di Pitti Trend, approdando sulle riviste. A Londra, ancor bimba, presenzia da diva alle serate Kinky Gerlinky ed è fotografata per BlitzUk. Androgina, imperfetta, unica e bellissima fu abile architetto nell’invenzione e costruzione di sé, impavida anticonformista come una borghese Marchesa Casati.

Più avanti, a Milano Sabrina fu regina delle ’notti senza buio’, con la sua casa liberty a Porta Venezia, crocevia di creativi ed artisti, talenti e coscienze, ambizioni e disperazioni. Qualcuno oggi la definisce avvinta nelle ’maliziose e borghesi trappole della fluidità’. Ma nel suo mondo, la definizione di sé derivava dall’azione e dalla passione, non da etichette ed hastag.

Gentile, accogliente e timida, Sabrina Querci smorzava il volto severo col sorriso di fanciulla. Sui social ha condiviso con garrulo cinismo la lunga malattia, la radioterapia che diventava #radiogaga, le risate #grullaniterapy e la foto di Bette Davis con i guantoni #fuckcancer.

Ci restano il suo volto e il suo corpo avvolto nel bustier-corazza di Jean Paul Gaultier in un’iconica immagine in bianco e nero, ben presente nella memoria della folla di pratesi e fiorentini riunitasi ieri pomeriggio a salutarla, alla Pubblica Assistenza.

piero ceccatelli