
Addio al mecenate visionario. Si è spento Giuliano Gori. A Celle creò il tempio dell’arte. La sua vita: un capolavoro
È andato ad abbracciare Pina, la moglie adorata deceduta alcuni anni fa. Giuliano Gori se n’è andato ieri a 94 anni. Si è spento nell’età in cui si abbandonano i sogni, che lui però continuava ad alimentare con imperterrita lucidità lassù, a villa Celle, nel gioiello secentesco incastonato sulle colline fra Prato e Pistoia dove dal viale di accesso alla fattoria fino all’ultima svolta della passeggiata nel parco, è tutto un succedersi di contrasti di materia, forma e colore, di cortocircuiti visivi. Un incedere di esperienze estetiche. Quaranta ettari di arte contemporanea e poi, a perdita d’occhio, colline coltivate a ulivo e vite, incorniciate da boschi di lecci. E’ da qui che Giuliano ha alzato lo sguardo verso mète artistiche prestigiose, viaggi e conferenze nelle università italiane e nei musei di tutto il mondo, tra cui il Louvre nel 2009. È qui a Celle, nel tempio artistico dei 3000 metri quadri, che lunedì alle 15 si svolgeranno i funerali dell’addio.
"Per quelli che volano", è scritto sulla parete della fattoria di Celle. E, alzando gli occhi, appare come un miraggio una panchina verde sul tetto. È l’opera di Luigi Mainolfi del 2011-2012 che ricorda Pina, moglie di Giuliano Gori, un arcobaleno posato sui campi del vivere per misurare i progressi di un visionario uomo del fare.
Accanto alle opere di villa Celle, con le 80 installazioni di artisti contemporanei sparse nel parco, Giuliano ne ha fatte ottenere di memorabili alle varie città, a cominciare dal Moore di piazza San Marco, ormai un simbolo di Prato, la scultura in bronzo sotto a Palazzo Pretorio, i 21 gessi e 43 disegni di Lipchitz, fondatore del linguaggio cubista nella scultura, frutto tutte di intensi rapporti umani e artistici. In contemporanea, lo sviluppo della Gori tessuti, nata alla fine degli anni ‘40 in un magazzino del centro di Prato, per poi passare a quello più grande di via IV novembre e infine alla costruzione del nuovo stabile a Calenzano, promuovendo la costituzione del Museo Pecci. Tante fecero lui e i suoi progenitori pratesi dal 1400. I suoi quattro figli e alcuni nipoti abitano ancora nel centro storico di Prato.
Nascevano a Celle prodotti di artisti che da 50 anni e più hanno vissuto lì per mesi per realizzare i loro capolavori, imbevendosi della natura del luogo, il parco, i campi, il cielo, la luce: da Melotti a Karavan, da Pistoletto a Staccioli, da Le Witt a Buren, da Corneli a Fabro, da Paladino a Vedova, da Folon a Spagnulo, solo per ricordarne alcuni. E Giuliano in simbiosi con loro perché interpretava il rapporto con l’arte attraverso il rapporto con l’artista, con la gioia e il tormento che li precedono. Ogni giorno in casa sua una tavolata di gente, la famiglia Gori al completo, la moglie Pina e i quattro figli, l’artista ospite, altri che andavano e venivano, tutti insieme a mangiare e creare. E quel che alla fine restava erano opere inamovibili, invendibili, creature sue.
Ti accompagnava all’esterno, Giuliano Gori, con la cortesia del mecenate illuminato, mentre ti si parava nel degradare della collina un trionfo di verde, di ulivi, di pace, di luce e di sculture. Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei sogni, ti veniva fatto di pensare, Con i suoi sogni Giuliano ha divorato le stelle. A tutti i famigliari, l’abbraccio del nostro giornale.