Caldo e siccità, allarme per il tartufo: "Si rischiano prezzi altissimi"

Nel sanminiatese temperature tropicali, potrebbe essere "l'annus orribilis" per le pepite dei boschi

San Miniato (Pontedera), 11 agosto 2022 - Boschi secchi, temperature tropicali, nottate con afa e temperature minime sempre molto alte che non hanno permesso al terreno di prendere un po’ di "respiro" climatico con il tradizionale sbalzo termico. Un mix micidiale per il tartufo che rischia di aver il 2022 com "l’annus orribilis". Comunque il peggiore degli ultimi vent’anni: peggiore anche del caldissimo 2003. "Le prospettive, ad oggi, sono tutt’altro che buone – spiega Luca Fontanelli di "Gazzarrini Tartufi", storica azienda di commercializzazione del tartufo premiata anche dalla Camera di Commercio – . Tutto fino ad oggi ha remato contro: siccità, temperature, assoluta mancanza di piogge sul territorio. L’acqua, è cosa ben nota, è il primo ingrediente per il tartufo". "Un clima fresco e costante – aggiunge Fontanelli – è determinante. Secondo me abbiamo dieci giorni di tempo per salvare qualcosa, per avere qualche segnale positivo in novembre. Settembre ed ottobre, ormai sono per gran parte compromessi".

Anche il nero d’estate – il cosiddetto Scorzone – è andato male: per quanto estivo ha sofferto il caldo africano, la raccolta è stata sotto ogni aspettativa, il sole ne ha bruciato la maggior parte. Un’estate nera. Ma è è d’estate, appunto, specie in agosto, che si mettono le basi per l’autunno, quando, le notti fresche ed umide, iniziano a spingere la riproduzione per spore che porta al bianco d’autunno. Tutto questo, per ora, non c’è stato. E gli acquazzoni, se verranno, i pericolosi rovesci, andranno a scontrarsi con un terra durissima da infiltrare ed inumidire; un "bagno" superficiale non serve al tartufo che di sviluppa a circa venti centimetri di profondità. Insomma il tartufo prelibato rischia di cedere il passo davanti ad un terreno quasi pietrificato che tende ad essere sempre più marmoreo. Mentre il mercato reclama pepite. Sia quello locale che, con la ristorazione ed il turismo, ha ripreso a pieno regime. Sia quello internazionale che assorbe oltre il 50%. Le colline sanminiatesi ogni anno sfornano 30 quintali di tartufo tra bianco, nero e marzolo. In mezzo c’è un giro d’affari milionario. E anche il 2021 segnò un drammatico - 50%.