Anche il tartufo soffre sotto la scure della siccità

Estate torrida come nel 2003 quando i trifolai lanciarono l’allarme in vista dell’autunno

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I boschi secchi. I corsi d’acqua che virano al’asciutto. La siccità che affonda il morso e lo fa in termini importanti. Quasi come la torrida estate del 2003 quando i tartufai lanciarono l’allarme: il caldo importante spinge il nero d’estate, ma se è troppo rischia di bruciare i primi vagiti del bianco autunnale che inizia a mettere le "radici" con settembre. E’ così? Il mix climatico, per ora, non è proprio l’ideale. Le piogge sono state praticamente assenti. E si sa, che le piogge estive, unite al caldo, aiutano il proliferare dei tartufo nei boschi che si riproduce per spore a circa 20 centimetri di profondità. L’annata di magra, se dovesse essere così, per la specie più pregiata – quella a cui San Miniato dedica una mostra mercato nazionale – avrebbe riflessi importanti su tutta la filiera del tartufo. A partire dal prezzo. Quando il tartufo bianco non si trova le sue quotazioni raggiungono livelli record pari anche al doppio di quelle delle annate più favorevoli registrate alla borsa del tartufo bianco: si può andare anche tra i 4.000 ed i 4.500 euro, e oltre. L’andamento climatico degli ultimi mesi non sta certo creando – ci dicono alcuni tartufai (ma le scuole di pensiero nel misterioso mondo del tartufo sono tante) – i migliori presupposti del tuber magnatum pico, il più pregiato tra i tartufi, che nella provincia di Pisa, tra San Miniato e le zone limitrofe, è assoluto protagonista della tavola e del turismo enogastronomico. Le scarse piogge non favoriscono il naturale sviluppo e la maturazione con la stagione di raccolta. Nel sanminiatese si raccolto ogni anno circa 30 quintali di tartufo, tra bianco nero e marzolo. Oltre la metà è destinato all’export. Settore che risente anche del clima di crisi internazionale generato dalla guerra.

C. B.