
di Saverio Bargagna
E se le sentinelle spariscono? Ebbene, l’allerta su un particolare fenomeno che si sta consumando in Arno è lanciato da Joachim Langeneck, biologo marino e ricercatore dell’Università di Pisa. "Vi sono alcune specie di pesci, come la lampreda di mare o la cheppia che vivono la vita adulta in acqua salata, ma che risalgono i fiumi per riprodursi. Tipologie di pesci che, nell’Arno, si trovano ormai raramente e ciò fa risuonare un campanello d’allarme. Queste specie, in qualche misura, possono essere considerate come delle sentinelle della buona salute di un fiume. E’ necessario indagare per capire le ragioni di questo fenomeno".
Dottor Langeneck come sta il "nostro" Arno?
"E’ un fiume, per molteplici aspetti, compromesso. Acque non pulite e specie invasive lo minacciano ormai da tempo. Eppure, nelle gravi criticità, è possibile constatare anche lievi aspetti di miglioramento".
Ci spieghi.
"Dal punto di vista chimico le acque stanno lentamente migliorando. Oggi non possiamo dire che si tratti di un fiume pulito: nei primi tratti gode ancora di un’abbondante biodiversità poi, da Firenze in giù, le cose cambiano e vanno via-via peggiorando. Il Serchio, se permette un confronto, gode di maggiore salute. Ad ogni modo l’Arno non è neppure più una fogna a cielo aperto come 50 anni fa ed è in linea con i parametri di altri fiumi italiani delle stesse dimensioni. Però...".
Che cosa?
"Si aggravano, sempre di più, i problemi di ordine biologico. Nel corso degli ultimi decenni l’uomo vi ha introdotto specie invasive e non autoctone che stanno distruggendo l’ecosistema originario e che seminano sempre più danni".
Quali specie?
"Per esempio le chiocciole di acqua dolce. Le conseguenze della diffusione di questo animale è ancora difficile da quantificare visto che il fenomeno è relativamente recente. Si tratta di una specie comunemente consumata in Cina. Le autorità sanitarie ne sconsigliano fortemente il consumo perché la carne di queste chiocciole assorbe alte concentrazioni di batteri e veicola parassiti. Oltre alle chiocciole, poi, vi sono i gamberi della Louisiana...".
I noti gamberi killer.
"Introdotti in zona per scopi commerciali probabilmente alla fine degli anni ’80. Poi gli allevamenti sono falliti e alcuni esemplari sono finiti in Arno. Qui, ancora oggi, seminano guai: sono vettori di malattie letali per i gamberi nativi, divorano qualsiasi cosa (in special modo piccoli pesci e anfibi) e le loro tane indeboliscono gli argini".
Se lei fosse un politico: come difenderebbe l’Arno?
"Io, non sono un politico, sono un biologo: studio i fenomeni, non cerco soluzioni. L’Arno è portatore di numerosi interessi: quello ambientale, certo, ma anche quello ricreativo, sportivo e pure imprenditoriale. Però, non voglio aggirare la sua domanda".
Quindi?
"Come studioso vorrei capire perché, alla foce del fiume, stanno sparendo alcuni pesci-sentinella. Credo che questo fenomeno possa essere dovuto sia a sostanze inquinanti sia alla voracità delle specie aliene. Però, a mio avviso, bisognerebbe indagare e approfondire per il ‘bene’ stesso del fiume".