
Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)
Pontedera, 7 maggio 2015 - Prima lesioni e minacce in ufficio, poi addirittura sarebbe spuntata una pistola al collo per costringere un noto professionista – ingegnere edile – del Comprensorio del Cuoio a firmare un documento che avrebbe sollevato il cliente da qualunque pendenza nei confronti del professionista. L’ingegnere, infatti, non riscuotendo le notule emesse (aveva maturato un credito di oltre 30mila euro) e ritenute congrua dal giudice, al quale si era rivolto tramite l’Ordine, ottenne un decreto ingiuntivo e sulle costruzioni per le quali aveva lavorato – quindi al centro del contendere – arrivò a pendere il pignoramento. Quello che fece scattare il blitz. La vicenda, ieri, è arrivata ad una prima verità giuridica in Tribunale a Pisa davanti al secondo collegio che ha inflitto pene severe ai due imputati: 8 anni per Fabrizio Marchese, 44 anni, di Porcari, imprenditore nel settore immobiliare, e 6 anni per Umberto Zara, 30 anni, muratore, di Altopascio. I due sono difesi dagli avvocati Filippo Cei e Silvia Perna, mentre il professionista si è costituito parte civile con il noto penalista santacrocese Amabile Chiarini. Il secondo collegio (presidente Salutini, a latere D’Auria e Degl’Innocenti) ha disposto a carico degli imputati anche il pagamento di una provvisionale di 5mila euro alla parte civile.
La storia risale al 2009 tra Santa Croce e Castelfranco e, secondo l’accusa – sostenuta dal Pm Giancarlo Dominijanni che l’ha ricostruita tutta in aula – fu Marchese a rivolgersi all’ingegnere per una serie di lavori riferiti a una società immobiliare. Fatto il lavoro arrivò il conto che Marchese non avrebbe saldato subito chiedendo una rateizzazione. E’ in quella fase che sarebbero iniziati i problemi. Tra i due ci fu una prima discussione – micacce e lesioni – quando Marchese andò a trovare l’ingegnere in studio. Già quel primo episodio, quindi, fu al centro di una denuncia ai carabinieri. Passa qualche giorno e il professionista riceve una telefonata. Un cliente - che per l’accusa è Umberto Zara - si presenta come un piccolo imprenditore e chiede una consulenza all’ingegnere per una ristrutturazione. Ne nasce un appuntamento sul cantiere in aperta campagna, dove all’improvviso sbuca Marchese.
«Una trappola», che apparve chiara alla vittima designata. Un vicolo cieco per il profesisonista che, addirittura, Marchese e Zara avrebbero tentato di mettere con forza nella bauliera di un’auto. L’ingegnere – l’ha raccontato lui stesso – finge il malore come strategemma. Tra Marchese e Zara sarebbe scattato il dubbio sul cosa fare circa i soccorsi. Marchese avrebbe detto: «No, prima deve firmare il foglio». E’ a quel punto che sarebbe uscita – secondo quanto riferito dal professionista la pistola al collo (non è chiaro se un giocattolo o no). I due imputati sono stati ritenuti colpevoli. Sono stati fissati in 40 giorni i tempi per le motivazioni della sentenza sulla quale, sicuramente, i legali di Marchese e Zara, proporranno appello.