REDAZIONE PONTEDERA

"La pelle verso il 2023 con tante incognite"

L’analisi del presidente Unic all’assemblea annuale: i prezzi alle stelle e il raffreddamento della domanda hanno complicato tutto

Come sta la pelle? Come definire il 2022, tra pendemia, guerra e costi alle stelle? Un’evoluzione congiunturale a due facce. Il punto è stato fatto a Milano, al Design Museum, in occasione dell’assemblea annuale di Unic per mettere a fuoco i volti di un 2022 che era partito bene. Il valore della produzione – nei primi sette mesi – è cresciuto del 10,3% su base annua, quello delle esportazioni del 10,8% e tutti i distretti italiani risultano in crescita con intensità simili, così come le tipologie di pelle.

In estate, però, la congiuntura si è fatta complicata. Al rialzo di tutti i costi di produzione – da quelli energetici (+360% in media) ai prodotti chimici (+31%) - si è aggiunto il raffreddamento della domanda, alle prese con le incertezze dello scenario internazionale. "In questo clima di scarsa serenità – commenta Fabrizio Nuti – è anche complicato fare previsioni su cosa succederà nel 2023. Difficile pensare a un chiaro e consistente recupero in assenza di un raffreddamento, anche solo parziale, dei conflitti internazionali: c’è il rischio che si continui a galleggiare nella stagnazione di mercato anche nei prossimi mesi".

L’assemblea è stata anche occasione per presentare il Report di Sostenibilità. Un focus sulle le best practice della concia italiana, quei omportamenti virtuosi che hanno permesso all’industria conciaria, rispetto al 2002, di ridurre i consumi energetici del 25% e quelli idrici del 13%. Così come, a partire dal 2003, il calo degli infortuni è stato del 59,8% e la frequenza degli incidenti si è ridotta del 38,7%. Una significativa parte dell’intervento di Nuti si è focalizzata sugli "attacchi ingiustificati" che penalizzano la pelle e la concia.

Attacchi che generano "asfissianti luoghi comuni, dettati spesso da una scarsa, se non nulla, conoscenza del settore. Ma anche da opportunismo di mercato, nell’intento di sostituirsi alla pelle, che non rende troppo onore a chi lo mette in pratica". Ecco che "la battaglia è soprattutto ideologica e culturale. Richiederà molto tempo, soprattutto in un mondo (intendo quello occidentale e soprattutto europeo), a cui piace intridersi di valori emotivamente attraenti e accattivanti, ma spesso economicamente e scientificamente sbagliati. Come ho detto più volte – chiosa Nuti riferendosi ai cosiddetti “materiali alternativi” -, c’è posto per tutti nel mondo. Noi non temiamo rivali in virtù della forza naturale del nostro prodotto".

Carlo Baroni