
FAUGLIA
Il Commissario della Legge di San MIniato, si apprende, ha autorizzato il perito nominato dal gip di rimini a visionare il crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo Buonarroti e custodito nel caveau della Banca Centrale. Dopo aver premesso che l’autorizzazione viene rilasciata in quanto la richiesta non ha per oggetto perquisizioni o sequestri data la mancanza di requisiti per la legge sanmarinese, nella vicenda, della doppia punibilità. Insomma, il crocifisso non si tocca. E’ un’altra tappa del giallo intorno alla statuetta attribuita al Buonarroti e che vede coinvolto un faugliese: Giorgio Hugo Balestrieri, ex ufficiale della Marina militare insieme ad Angelo Boccardelli, 71enne, che l’opera l’aveva ricevuta dal conte Giacomo Maria Ugolini.
Balestrieri, socio in affari di Ugolini, era cointestatario del bene. Una vicenda in cui si sono intrecciate inchieste di mafia e intrighi internazionali, e nella quale – tra passaggi ancora per certi versi misteriosi – il Cristo arrivò nella piccola repubblica. Fu Boccardelli a portarlo in una cassetta di sicurezza. L’opera sarebbe stata portata a San Marino quando i due ebbero il sentore di essere minacciati da un gruppo di calabresi. Anni dopo, però, quando stava per concretizzarsi il sogno di riprendere in mano il Michelangelo – per anni sotto sequestro anche per un’indagine della Procura di Torino – il gip di Rimini ne dispose a confisca in nome del valore e dell’interesse dello Stato. La Cassazione – a cui Boccardelli e Balestrieri (asstistiti dall’avvocato Francesco Ciabattoni) avevano ricorso – però annullò e rinviò gli atti al tribunale visto che l’ordinanza di confisca parla anche di un possibile potenziale acquisto al mercatino di Porta Portese per un milione e 200mila lire.
A favore della confisca – chiesa dalla Procura – si è schierato anche il Ministero dei Beni Culturali, per tramite dell’Avvocatura dello Stato. L’avvocato l’avvocato Ciabattoni – difensore di Ugolini e Balestrieri – con un’articolata memoria ha contestato anche la nota del Ministero che qualifica per la prima volta l’oggetto come bene di interesse culturale, per poterne pretendere l’acquisizione al proprio patrimonio. Ora al lavoro c’è un perito per accertarne attribuzione e soprattutto il valore. E dire se davvero è un capolavoro milionario o una patacca. Comunque vada resta sul Titano. E da lì, l’unico che potrà muoverlo, forse, è il proprietario.
Carlo Baroni