
Nel caso dei reati associativi la competenza per territorio si determina con riferimento al luogo in cui si svolgono la programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo a tal fine rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura". Lo scrive la Cassazione motivando le ragioni per cui dovrà essere il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa e non quello di Milano a occuparsi di una maxi inchiesta con 22 indagati per associazione a delinquere, con ipotesi di reato la commissione di una pluralità di frodi con l’aggravante della transnazionalità, nonché per i reati satellite commessi da alcune delle società coinvolte nelle operazioni illecite, consistenti nella emissione di fatture per operazioni inesistenti e nella mancata presentazione delle dichiarazioni Iva, con conseguente evasione di imposta. "Tale conflitto – ricostruisce la Corte – è stato sollevato in considerazione del fatto che, con ordinanza del 28 ottobre 2019, il gip di Pisa, investito di una richiesta di sequestro preventivo, aveva declinato la propria competenza, indicando nell’ufficio milanese quello competente, facendo notare che il primo luogo in cui l’associazione si era manifestata, operativamente, doveva individuarsi in quello della emissione delle fatture per operazioni inesistenti da parte di una società, la Biotre Srl, con sede a Milano". Gli ermellini rilevano che "i promotori o, comunque, gli organizzatori dell’associazione per delinquere (come Giuseppe Bastiani, Leonardo Sgai, Maurizio Boldrini e Fabio Mambrini) agivano quali amministratori di fatto delle società utilizzate per la realizzazione delle frodi fiscali". Così, secondo la corte di legittimità, occorre determinare, al fine della individuazione del giudice territorialmente competente, il luogo di consumazione del delitto più grave, quello associativo. Pertanto "avendo sede, nel circondario pisano, le società coinvolte nelle operazioni illecite, e risiedendo nella città gli indagati, individuati come amministratori di fatto delle stesse, deve ritenersi, quantomeno allo stato del procedimento, che il luogo in cui era avvenuta la programmazione e ideazione delle attività illecite sia proprio quello in cui le società operavano e dove risiedevano le figure che ne gestivano, di fatto, le attività. Gli atti tornano a Pisa.
C. B.