
Lorenzo Bacci, studioso terricciolese, indica la polla
Terricciola, 1 aprile 2019 - Il secondo appuntamento del nostro cammino fra i misteri della Valdera fa tappa a Terricciola, attratti dal fascino che accompagna una fonte d’acqua prodigiosa: la Fonte delle Donne. E’ uno dei pochi luoghi delle nostre zone che possono vantare una vera aura di mistero, supportato da una lunga e provata tradizione. Si tratta di una semplice polla d’acqua semi nascosta ai piedi delle dolci colline di questa parte di provincia, poco distante dalla trafficata via Volterrana e dal fiume Era. L’antichissima credenza legata a questo luogo, che dà nome anche agli impianti sportivi di Terricciola e a un rinomato vino della Fattoria di Fibbiano, riguarda la capacità di queste acque di far ritornare il latte alle donne che improvvisamente ne rimanevano senza, mettendo a dura prova la sopravvivenza dei neonati.
Quello che stupisce e affascina allo stesso tempo è che per ricevere i benefici di queste acque, dall’aspetto biancastro e dallo strano odore, le donne dovevano percorrere una determinata strada, bere l’acqua, lasciare un’offerta in denaro o in cibo, e poi andar via per un’altra strada appositamente segnata. «Si tratta evidentemente di reminescenze pagane – racconta lo studioso terricciolese Lorenzo Bacci - legate al culto antico delle acque e della fertilità, usanza documentata anche in altre parti di quella che fu l’Etruria, come a Volterra o nel Casentino, ma mai sopravvissute fino ai nostri giorni. A parte il caso di Terricciola». Perché in effetti questa usanza si è tramandata almeno fino agli anni Sessanta del secolo passato, in barba alla modernità e alle scoperte della scienza.
«Queste pratiche così marcatamente non cristiane – riprende Bacci - radicate e capaci di coinvolgere non solo le donne di Terricciola ma quelle di una vasta area che a questa pozza facevano riferimento, allarmarono la Santa Inquisizione di Pisa, che il 2 marzo 1735 emanò un editto proibendo queste usanze e minacciando di scomunica chiunque avesse continuato a praticarle. La grande fama che in passato godette questo luogo, spinse anche il grande erudito Andrea Bacci (nessun legame di discendenza fra i due, ndr), medico di Papa Sisto V, a descrivere le qualità della Fonte delle Donne nel suo trattato « De Thermis» stampato a Venezia nel 1571». Ma le più antiche attestazioni della presenza umana in questo lembo delle colline di Terricciola si hanno grazie alla Testa Campani, un’antefissa di terracotta del V secolo a.C. di produzione orvietana o populoniese raffigurante la testa di una divinità femminile, da ricondursi probabilmente ad un piccola edicola devozionale.
L’ALTA qualità del reperto archeologico, trovato negli anni sessanta dalla famiglia Campani di Terricciola e consegnato allo stato grazie anche all’intervento proprio di Lorenzo Bacci ci parla della presenza sul posto di un’area sacra, probabilmente posta sotto la protezione di una divinità femminile. L’evidente antichità dei riti per il latte materno sopravvissuti fino ai nostri giorni, assieme ai ritrovamenti etruschi che segnano l’area come sacra, fanno appena intuire l’antichità del luogo e la perseveranza di tali pratiche.