Si torna in aula il prossimo aprile quando ci sarà anche l’apertura del dibattimento. Intanto, nei giorni scorsi, davanti ai giudici del collegio del tribunale di Pisa – oltre il disbrigo di questioni preliminari – c’è stata, si apprende, la chiamata in causa del responsabile civile. In questo processo ci sono più parti civili costituite, e si va dall’associazione consumatori a grandi marchi dell’agroalimentare. E’ questo infatti il processo nato sull’inchiesta sul falso succo di mela bio.
L’accusa cardine della procura di Pisa – 14 a vario titolo le persone a processo – è quella di aver costituito una stabile associazione a delinquere finalizzata alla produzione, e messa in commercio di prodotti agroalimentari adulterati e sofisticati, e che dopo alcuni trattamenti venivano, per l’accusa, spacciati come "frutto" di agricoltura biologica da destinare anche al baby food. Il lavoro degli investigatori avrebbe permesso di dimostrare che i succhi di mela ottenuti in Serbia, erano prodotti in modo illecito partendo da frutti deteriorati o in avanzato stato di decomposizione, in alcuni casi contaminati, appunto, con prodotti chimici non ammessi in agricoltura biologica. Epicentro del sistema è stata ritenuta dalla procura un’azienda con sede a San Miniato, la Italian Food srl guidata dagli imprenditori Walter e Giorgio Buonfiglio di Ponsacco. La ditta con sede legale a Portici e sede operativa a San Miniato – nella prospettazione accusatoria - è ritenuta il collettore di un più ampio giro di aziende. Il tutto, appunto, tra false fatture a favore della ditte "entrate" nel sistema per coprire i traffici illeciti del prodotto adulterato per farlo risultate bio e di provenienza Ue.
A vario titolo sono contestati anche l’auto riciclaggio e alcuni reati fiscali. L’inchiesta è stata condotta dall’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero e dalla guardia di finanza pisana. Sostiene l’accusa il pubblico ministero Giovanni Porpora.
C. B.