MICHELE QUIRICI
Cronaca

Era, un fiume pieno di storie che riaffiorano

Il ponte che lo attraversa è diventato città e testimone di migliaia di aneddoti: da quello “fiorentino“ a quello “napoleonico“

di Michele Quirici

Il fiume Era non ha bisogno di presentazioni e tutti sanno, o almeno dovrebbero sapere, che finisce la sua “corsa” nelle braccia del suo fratello Arno a Pontedera. Lungo 54 chilometri comincia il suo viaggio nei pressi del Monte Voltraio, a 3 chilometri ad est di Volterra, con le sue acque ha formato e sorveglia la sua valle, la Valdera. La nostra città deve molto ai suoi fiumi ed in particolare a questo che l’ha resa “famosa” e gli ha dato i natali. L’Era, nel corso dei secoli, è stato testimone di migliaia di avvenimenti e siccome lo sentiamo amico, ora proviamo ad immaginarcelo come un anziano che si siede davanti a noi e comincia a raccontare.

Tutti chiamano il ponte che lo attraversa “Napoleonico” anche se quello di oggi è stato realizzato dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’originale è stato una vittima illustre del conflitto. Il “ponte francese” venne costruito negli anni dieci del XIX secolo e sanò una situazione difficile per la città, poiché da tempo il fiume si superava grazie ad un ponte di legno realizzato dopo che il “ponte fiorentino” (quello del nostro stemma) si rovinò. Il 18 settembre 1874 la Gazzetta Toscana scriveva: “Pontedera - Attesa la rovina ultimamente occorsa del Ponte sul Fiume Era presso quella Terra, essendo stato comandato da S. A. R. di costruirvisene provvisoriamente uno di legno di tutta stabilità e sicurezza, ed essendovi già stato posto mano, si passa intanto per Barca con comode pedane che vi conducono, e con l’ajuto di tre o quattro Uomini di giorno e di notte, e due paia di Bovi per estrarre prontamente le vetture e render più spedito il passo. E per il più esatto servizio del Pubblico, con partito del Consiglio Generale di questo giorno è stata fissata una tenue Tariffa del pedaggio, che è affissa nella Barca, e secondo la quale i viandanti pagheranno, comprendendovi l’ajuto degli uomini e dei Bovi, per que’ legni che non potessero essere estratti e condotti sul posto a mano, o dai loro cavalli, talchè i viandanti non saranno inquietati per qualsivoglia emolumento oltre quello notato nella detta Tarifffa. I legni che vengono per la Posta, dovranno, per quanto permettono le circostanze, esser fatti passare prima degli altri arrivati altrimenti. La Fiera che si fa con molto concorso in questa Terra nel mese d’Ottobre, cade nei giorni 22, 23 e 24”. Al posto del distrutto ponte fiorentino fu costruito un ponte provvisorio a nord dell’attuale che possiamo ammirare in una bella veduta disegnata dall’abate Francesco Fontani che unitamente scrive: “Non sono molti anni che rovinò di nuovo intieramente per una straordinaria alluvione, ma per le comodità dei passeggieri fu interamente sostituito con un assai ben costruito ponte, composto di legname, col pensiero di edificarlo nuovamente di materiale stabile a comodo più certo del Commercio, e dei viaggiatori”.

Occorrerà aspettare i francesi per riattraversare l’Era con un bel ponte. Nel 1809 anche il ponte di legno crollò e solo l’anno dopo, grazie all’intervento dell’ingegner Giacinto Garella, Pontedera riuscì ad avere un nuovo ponte. Garella, ingegnere di prima classe dei “Ponts et Chaussées” e ingegnere capo del Dipartimento del Mediterraneo, realizzò il nostro “ponte napoleonico” che resisterà fino alla Seconda Guerra Mondiale. Il manufatto era un piccolo gioiello d’ingegneria d’avanguardia e nel suo campo una vera e propria opera d’arte. Di questa vestigia non rimangono che pochi pezzi di marmo, in acqua sotto l’attuale ponte. Sarebbe bello recuperarli.