DIGABRIELE NUTI
Cronaca

Daria Febe, le tante vite da sopravvissuta

Dall’infanzia fatta di costrizioni e botte, al primo marito che l’aveva ridotta in schiavitù. Un libro, la rinascita e le ottomila rose a Ponsacco

di Gabriele Nuti

Daria Febe è "una sopravvissuta", come dice lei. Sopravvissuta a soprusi, violenze, botte sin da quando era bambina. Nata e cresciuta in una famiglia patriarcale che le impediva "di frequentare persone che non fossero della cerchia familiare e neanche di andare a fare i compiti a casa dei compagni di scuola". Sopravvissuta al primo marito che per quattro anni l’ha segregata.

"Questo essere, perché uomo non riesco a chiamarlo – racconta – aveva addirittura messo i lucchetti alle tapparelle di casa per non farmi avere contatti con l’esterno. Più volte mi ha rinchiuso in bagno per giorni, abusato in tutti i modi della mia persona fino a ridurmi in schiavitù come ha poi ha stabilito il tribunale. Sono riuscita a scappare grazie all’aiuto di un’amica che mi ha soccorso e portato in ospedale perché avevo un’emorragia interna".

Sopravvissuta al secondo compagno che le ha fratturato la mascella e sfondato un orecchio. Daria Febe Aveta vive da cinque anni a Lari dove si è trasferita da Milano. Originaria di Seveso, ha abitato anche a Trento e Monza. Ora racconta la sua vita, le sue tante vite da sopravvissuta, come testimonianza per altre donne. Lei che ce l’ha fatta a rinascere più volte ha scritto un libro cinque anni fa – Armi vincenti, edito da Ctl Livorno – e con i suoi progetti portati in giro per l’Italia sempre per aiutare, supportare, spronare le donne a riprendersi la vita, è riuscita a raccogliere 8mila rose di lana rossa con Giulietta Lorenzini della "Maglia del cuore di Magghy".

Con le roselline Daria Febe e Giulietta hanno realizzato uno striscione lungo ventuno metri con la scritta "Giù le mani dalle donne". Giovedì è stato esposto sul corso di Ponsacco in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne e domani, sabato, sarà portato in piazza a Lari. Le roselline sono state fatte all’uncinetto da migliaia di donne di tutta Italia, protagoniste di una catena ideale di solidarietà e testimonianza fortissime.

Daria Febe Aveta le ha incontrate da nord a sud, da Milano a Torino a Trieste, in Veneto e in Calabria, nei centri di Eunice e Frida. "Questo tappeto di 8mila rose rosse – spiega Daria Febe – quest’anno ha un valore particolare perché ci permette di essere presenti anche senza le persone. Il 25 novembre per me è come il primo giorno dell’anno. Mi ricorda obiettivi che ho e abbiamo e che vanno portati avanti nel quotidiano". La quarantottenne di Lari ha vissuto in centri di accoglienza, si è ritrovata fuori di casa perché il secondo compagno (dal quale ha avuto un figlio per il quale ha dovuto lottare dieci anni per ottenerne l’affido) aveva cambiato la toppa della porta di casa quando lei era in ospedale per lo schiaffo, ha lavorato in una radio e ha gestito una lavanderia.

Quella lavanderia ha "ripulito" la sua vita offesa dagli uomini. "Mi ha consentito di poter avere una casa tutta mia e il ricongiungimento con il mio primo figlio – conclude Daria Febe – A Lari faccio parte dell’associazione ’Colore Donna’ di cui sono presidente. Ci siamo certificate come operatrici di ascolto, mentre con RivoluzionArti, insieme a Ilenia Veronica Raimo, stiamo allestedo lo spettacolo teatrale Sopravvissute". Daria Febe, la sopravvissuta, ora aiuta le donne vittime di violenza. Ed è la più bella testimonianza che rinascere è possibile.