Addio al nostro Federico Cortesi Cronista di razza. E di sorrisi

Giornalista per 31 anni a La Nazione, aveva 64 anni. Oggi alle 15 l’addio nella sua Casciana Terme

Addio al nostro Federico Cortesi  Cronista di razza. E di sorrisi

Addio al nostro Federico Cortesi Cronista di razza. E di sorrisi

"Questa è grossa!". Avrebbe sicuramente commentato così, con quell’ironia pungente e scanzonata che non lo abbandonava mai. Perché lo aiutava a stemperare le tensioni e l’ansia – di chi gli stava intorno, più che sue, capace lui di mantenere sempre la calma e il sangue freddo necessari a non perdere la bussola – anche nei momenti più concitati e agitati della vita di redazione. Ci ha lasciato a soli 64 anni Federico Cortesi, collega ed amico, per anni cronista di nera e giudiziaria della redazione pisana de La Nazione in Largo Ciro Menotti, e prima vicecaposervizio della redazione di Pontedera, in piazza Martiri della Libertà e a inizio anni ‘90 redattore di prima nomina nella redazioncina di Santa Croce. Ma il suo rapporto ultratrennennale con il nostro quotidiano risale addirittura al 1974, quando, appena quindicenne. ebbe il primo contrattino’ da corrispondente, da Casciana Terme. La terra delle sue origini e il buen retiro degli ultimi anni, dove si è spento domenica sera, alla Casina Rossa, la tenuta in cui viveva a tempo pieno dal 2017, anno in cui riscattando il periodo dell’università, andò in pensione dal giornale. Lascia la moglie Simona, sua adorata compagna di vita, e due splendide figlie, Maria Giulia e Carolina, a cui vanno le sentite condoglianze e l’abbraccio di tutti noi. Oggi alle 15 nella chiesa di San Martino a Casciana, saranno in tanti a dirgli addio. Raccontare Federico a chi non lo conosceva, è ricordare una miriade di aneddoti e di momenti condivisi, sempre con il sorriso sulle labbra, quello che lui - con una battuta, o l’imitazione dell’accento marcato o della voce particolare di questo o quel collega - riusciva sempre a strapparti. Anche se, per un motivo o per l’altro, si presentava una giornata no. Smart e multitasking già nell’era pre-internet e pre-social, quando ancora questi termini dovevano esser coniati, era capace di carpire tutti i dettagli di un fatto di cronaca che fosse avvenuto nella località più sperduta della provincia, soltanto chiamando a tappeto tutti i numeri presenti sui vecchi elenchi telefonici Sip. Lui che in 31 anni di carriera ha seguito i principali fatti di cronaca nera (e anche di cronaca bianca) degli ultimi decenni a Pisa – dal caso Ragusa ai delitti di ‘Robin Hood’ Pino Cobianchi, al primo trionfo del tenore Andrea Bocelli al Festival di Sanremo, tanto per citarne alcuni –, nei primi anni Duemila finì anche a lungo sotto scorta per le minacce ricevute dalle Cor, le Cellule di offensiva rivoluzionaria, responsabili di numero attentati dinamitardi in provincia. Eppure, con quel suo fare ironico e disincantato, non si atteggiava mai a ’Premio Pulitzer’. Anche se dava un bel ’buco’, quando c’era la sua firma sullo scoop del giorno, rimaneva sempre lui, "Fede", quello che alle 13 in punto, cascasse il mondo, ordinava la pizza col salamino piccante alla Tana (o la schiacciatina col prosciutto del Baldini, negli anni pontederesi). Ed era questo suo modo di fare, umile, ironico e disarmante, che riusciva anche a smorzare la competizione con i colleghi delle testate concorrenti. Con le fonti aveva un rapporto speciale, riuscendo a guadagnarsi, a colpi di caffè e sigarettine, la fiducia - e spesso l’amicizia - di forze dell’ordine, avvocati, magistrati. "In questo lunghissimo periodo in cui sono avvenute trasformazioni epocali, dal piombo al web - scriveva Federico nel suo messaggio di saluto ai colleghi quando, il 31 luglio 2017 si congedò da La Nazione per la meritata pensione – ho incrociato sulla mia strada una quindicina di direttori e decine di colleghi ai quali va il mio più sentito ringraziamento per avermi arricchito professionalmente e umanamente, nonché per avermi supportato e, soprattutto, sopportato". Grazie a te, Federico, per averci lasciato solo bei ricordi. Con il sorriso.

Paola Zerboni