Forza Italia e Renzi. I destini si intrecciano

La rubrica Pecore elettriche

Il saluto a Palazzo Madama tra i due senatori Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Il saluto a Palazzo Madama tra i due senatori Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Firenze, 9 aprile 2023 – Forza Italia, mi ha detto una volta il filosofo Marcello Pera, un tempo vicinissimo a Silvio Berlusconi e oggi senatore di Fratelli d’Italia, "è un partito del presidente. C’è il presidente e ci sono gli elettori. Piaccia o no, questo partito è nato e morirà così". Ed essendo il partito di Berlusconi "nato con Berlusconi, dipendente dalle intuizioni di Berlusconi oltre che in alcune circostanze dai soldi di Berlusconi, e dai voti di Berlusconi, bisogna rispettarlo per quello che è". Non c’è definizione migliore per Forza Italia, il cui futuro politico coincide con quello del suo fondatore, Berlusconi, oggi molto malato. Non esiste Forza Italia senza il Cav., non ci sono delfini (tutti sbranati, da Angelino Alfano a Giovanni Toti), non c’è spazio per l’emulazione.

Tuttavia, non esiste nemmeno più il centrodestra fondato da Berlusconi; c’è il destra-centro di Giorgia Meloni, che tra molte difficoltà tiene in piedi un governo saldamente guidato da Fratelli d’Italia. La presidente del Consiglio sembra essere politicamente più accorta di Matteo Salvini, che ha trasformato la Lega in un partito a fisarmonica e non si è più ripreso dall’estate del Papeete 2019. Ma Berlusconi non è soltanto Forza Italia, il suo valore storico-politico – come insegna Giovanni Orsina – sta nel berlusconismo. E quello non si costruisce con un paio di partiti che arrivano al 30 per cento e poi di sgonfiano dopo pochi anni. Berlusconi è entrato trent’anni fa nell’architettura emotiva di questo Paese. La sua eredità è al contempo sé stesso e il mancato lascito di sé stesso.

È legittimo, tuttavia, che nei partiti politici si ragioni attorno al futuro dell’elettorato liberale, di un centro che guarda a destra. Qualcuno che non vuole morire meloniano o salviniano d’altronde è rimasto, persino in Forza Italia. Sta forse qui il forte movimento di Matteo Renzi – d’altronde, Renzi o si muove o non è – che dal nulla è diventato direttore di un giornale. Io ho l’impressione che il primo a essersi accorto che il Terzo Polo non funziona, non ingrana e che le Europee potrebbero essere un brusco risveglio sia proprio l’ex presidente del Consiglio. Peraltro non mi stupirei se in alcune città importanti, come Firenze l’anno prossimo, il Terzo Polo si spaccasse, come già sta accadendo in molte parti d’Italia. Il neo-direttore del Riformista d’altronde ha fiuto e sa come tirarsi fuori da quella che potrebbe rivelarsi un’avventura calendiana. Che il progetto terzopolista non funzioni ce lo segnalano anche le recenti elezioni in Friuli Venezia Giulia. "Massimiliano Fedriga ha preso molti voti del centro perché ha governato bene", ha detto Carlo Calenda.

"Un pezzo importante del nostro elettorato ha votato Fedriga", ha detto Ettore Rosato, braccio destro di Renzi. Ma, se è così, perché allora non lo hanno appoggiato? Forse perché Italia Viva avrebbe voluto farlo e Azione no? E qui forse sta il punto. Se c’è qualcuno in grado di raccogliere un pezzo dell’elettorato berlusconiano, oltre, da destra, alla stessa Meloni, è Renzi, non Calenda. Ma forse dovremmo parlare al passato, visto che il centrodestra per un po’ ha accarezzato l’idea del papa straniero. Dalle Europee del 2014, la cui mitologia finanche estetica è nel frattempo svanita, sono passati quasi dieci anni. Il tempo passa per tutti.

[email protected]