Vaccino ‘non richiesto’: maxi risarcimento

Il medico prescrisse solo l’antitetanica per il lavoro, ma l’infermiera iniettò anche l’antidifterica, che provocò una sindrome autoimmune

Vaccini (Archivio)

Vaccini (Archivio)

Pistoia, 11 giugno 2020 - Doveva fare il vaccino contro il tetano, solo quello. La prescrizione gli era stata fatta dal medico del lavoro. L’antitetanica era infatti una precisa richiesta del datore dil lavoro, l’azienda metalmeccanica per la quale il giovane operaio pistoiese all’epoca lavorava. Ma quando si recò all’ambulatorio dell’Asl di Pistoia per eseguire la vaccinazione, l’infermiera lo sottopose a un vaccino combinato che prevedeva anche l’antidifterica e per il quale il giovane, che doveva fare soltanto l’antitetanica, non aveva ricevuto la necessaria informativa nè prestò quindi, il proprio consenso informato. Dopo la vaccinazione, l’uomo fu colto subito da febbri alte e fu ricoverato all’ospedale, con una progressiva perdita di funzioni, fino all’impossibilità di lavorare. Ha chiesto all’Asl il risarcimento di tutti i danni patiti. La sentenza è stata pronunciata alla fine di febbraio dal tribunale civile di Pistoia che ha accolto la domanda risarcitoria condannando l’Asl al pagamento di oltre 160mila euro quale danno non patrimoniale e alla somma di oltre 14mila euro per ogni anno di lavoro perso, con vittoria di spese, competenze e onorari. In questa vicenda l’operaio è stato assistito dagli avvocati Tommaso Mondello e Giuseppe Bergamaschi del foro di Firenze. A rappresentare l’Asl l’avvocato Adriano Montinari del foro di Lucca. La vaccinazione era avvenuta il 5 settembre del 2008. La causa non è stata breve. L’istruttoria si è conclusa infatti alla fine di ottobre del 2019. Il giudice, nello svolgimento della causa, ha nominato un proprio consulente. Nella stesura della sentenza alcuni elementi fanno da cardine. La prima circostanza evidenziata è che l’operaio, che era regolarmente assunto, doveva eseguire la vaccinazione antitetanica perchè era prevista, obbligatoriamente, dal protocollo sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Non erano previste altre vaccinazioni e non furono prescritte dal medico. Durante l’istruttoria l’infermiera e l’azienda sanitaria hanno sostenuto che quel vaccino antidifterico era consigliato dal calendario regionale in conformità al piano vaccinale nazionale. "Ciò significa – scrive il giudice – che il vaccino in questione non era obbligatorio e che dunque, essendosi in presenza di trattamento sanitario non obbligato, era imprescindibile la preventiva acquisizione del consenso da parte del soggetto. Peraltro – si legge ancora – la stessa documentazione versata in giudizio dà conto della mancata acquisizione di un consenso dotato dei crismi per potersi definire effettivamente “informato“, a garanzia del diritto fondamentale alla libera determinazione del paziente in ambito sanitario. Basti richiamare – scrive il giudice – i più recenti ‘arresti’ della Suprema Corte, dai quali emerge, come condizione basilare per la ricorrenza di un consenso ragionato e consapevole al trattamento sanitario da parte del paziente, sia la sottoscrizione di informative dettagliate, specifiche per il trattamento da svolgere e tali da consentire la presa di conoscenza della natura e della portata dell’intervento e dei suoi possibili rischi". La sentenza è la numero 23328 del 2019. Il giudice cita anche la Cassazione numero 19731 del 2014: "La valutazione dei rischi appartiene al solo titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura sanitaria non possono ometterle in base a un mero calcolo statistico". Quanto all’analisi dello stato di salute dell’operaio dopo quella vaccinazione, sono diverse le diagnosi riportate nella sentenza: dal morbo di Still nell’adulto alla sindrome auto infiammatoria ricorrente, alla sindrome Asia: "Uno spettro di condizioni cliniche immuno mediate da un agente adiuvante", per le quali il giudice richiama la relazione del professore Bruno Frediani. Così il giudice conclude : "Se è difficile inquadrare nosologicamente quale malattia affligge il signor (...), è certo che si è trattato, e si tratta, di una sindrome infiammatoria autoimmune, post vaccinale (Diftavax), accompagnata da febbri ricorrenti e mialgie, insorta immediatamente dopo la vaccinazione antidifterica e antitetanica, a fronte di una richiesta del medico competente del vaccino antitetanico". lucia agati