
"L’impressione è quella che si tratti di un gesto dimostrativo, qualcosa fatto appositamente per punire e ferire". A dirlo è...
"L’impressione è quella che si tratti di un gesto dimostrativo, qualcosa fatto appositamente per punire e ferire". A dirlo è Eleonora Benigni, psicologa psicoterapeuta e criminologa pistoiese, che abbiamo interpellato per provare a far luce sui meccanismi mentali alla base della folle impiccagione di un gattino in via Bellaria. "Solitamente la violenza sugli animali rappresenta un comportamento che può essere indicativo di profondi disagi emotivi, disturbi psichici o difficoltà relazionali, non per niente tra le domande ricorrenti nei test di personalità ci sono quelle legate a episodi di questo tipo, localizzati perlopiù in età infantile e adolescenziale – afferma –. Nei bambini e nei ragazzi, infatti, la crudeltà verso gli animali è uno dei criteri diagnostici per il disturbo della condotta e può essere un campanello d’allarme per futuri disturbi antisociali e psicopatia. Ciò che denota, infatti, la violenza sugli animali, è sicuramente una mancanza di empatia – aggiunge Benigni –, ovvero della capacità di riconoscere e rispettare la sofferenza dell’altro, anche quando si tratta di esseri viventi più vulnerabili. Tutto ciò può poi degenerare, in età adulta, in tratti personologici più stabili di tipo narcisistico, sadico o psicopatico. Il caso in questione, tuttavia, credo possa rappresentare un macabro sgarbo – conclude l’esperta –, posto in essere da qualcuno che aveva l’intento deliberato di ferire qualcun’altro". Sulla pelle di una povera creatura.